26.11.1957. Un genio della pittura a New York
26 novembre 1957 – In quel di Corchia, ignorato da tutti se non dalla moglie e dai due figli, se ne va Martino Jasoni, agricoltore. Agricoltore nella seconda vita. Ma ne ha avuta un’altra, prima, in cui era artista, luminosa promessa dell’arte americana, un genio del pennello, pennello abbandonato un attimo prima del decollo.
Jasoni nasce nell’Appennino parmense il 20 febbraio 1901, lassù a Corchia, a mezza via fra Berceto e il fiume Taro. Cinque anni dopo, col ricavato della vendita dell’unica mucca di famiglia, suo padre compra biglietti di terza classe per abbandonare il paese e portare la famiglia a New York.
Il piccolo Martino resta affascinato dalla vitalità della Grande Mela e qui comprende di possedere un grande talento naturale, il disegno.
A dieci anni scopre le biblioteche. Poi i musei. Quindi i corsi serali di pittura dell’Art Student’s League, dove è compagno di banco di Walt Disney e dell’illustratore del New Yorker Otto Soglow.
I genitori lavorano da mattina a sera in un albergo e in un negozio all’ingrosso; i soldi sono pochi, ma questo non ferma Martino. Non lo fermano neppure le prese in giro di cui sono destinatari tutti i migranti.
Per pagarsi tele, pennelli e studi artistici, Martino Jasoni fa mille mestieri: apprendista in una stamperia, fattorino di un negozio di cornici, vetraio, ritoccatore di fotografie, disegnatore di scenografie per Broadway, operaio in una fabbrica di maschere antigas.
E l’impegno viene ripagato, perché i suoi insegnanti lo notano come uno dei migliori, i galleristi espongono i suoi acquerelli e i suoi quadri ad olio con scene della New York della Belle Époque e nel 1923 la New York Public Library gli dedica una personale. Lui si fa chiamare Easoni Martin.
Ma dura poco. Il padre di Martino non crede che l’arte possa dare da mangiare, e ha nostalgia dell’Italia. Prende da parte il figlio e gli dice: o prendi in gestione una bottega qui, o torniamo in Appennino a coltivare la terra. E lui, che non vuole contraddire il genitore, sceglie la terra. Torna a Corchia di Berceto.
Il 26 novembre 1957 muore l’uomo e il contadino. Il pittore è morto invece il 24 giugno 1924, quando Jasoni sale sul piroscafo Conte Verde e col fazzoletto saluta gli amici che restano sui moli di New York.
Sì, perché pur continuando a produrre tele e ad esporle – anche alla Biennale di Venezia del 1936 –, la lontananza da New York inaridiscono rapidamente la vena artistica del nostro. Jasoni cambia la propria tavolozza di colori virando verso tinte sempre più cupe, rinuncia a sperimentare, finché, proprio con la morte di quel padre che non ha mai creduto nel suo talento, abbandona per sempre la pittura.
Nella seconda vita, Martino cura campi e animali, con non pochi problemi. Negli Stati Uniti, di lui i critici continuano a parlare per decenni. A Parma in pochi sanno che dietro l’agricoltore si nasconde un artista. Lui coltiva anche il ricordo dei suoi luminosi anni americani, scrivendo undici quaderni autobiografici in italiano e in inglese.
Solo molto più tardi Parma riconoscerà il valore di Martino Jasoni, nel 2007, quando a Corchia apre il museo a lui dedicato.