Cultura & Società,  Epoca Moderna

24.5.1507. Le badesse protettrici delle arti

24 maggio 1507 – All’altare maggiore della chiesa di San Paolo, il vescovo di Lidda Niccolò da Bracciano benedice Giovanna da Piacenza, che diventa badessa dello stesso convento di San Paolo. È lei la badessa della famosa “Camera della badessa”, cinque secoli dopo meta di tanti turisti.

Il vero cognome di Giovanna è Bergonzi. È la terza donna di seguito della famiglia Bergonzi a guidare il San Paolo. Giovanna segue Orsina Bergonzi, a sua volta succeduta nel 1505 a sua zia Cecilia Bergonzi. Sono queste le tre donne che hanno reso il San Paolo uno scrigno d’arte.

Cecilia ha iniziato la sistemazione del complesso: nuove mura, ornamenti, decorazioni e le proprie insegne in bassorilievo: lo scudo con tre lune. Ha infuso lei l’idea di un monastero all’altezza del Rinascimento. Orsina ha fatto ricostruire la chiesa. Ma è Giovanna ad ordinare l’opera più bella: gli affreschi del Correggio.

Giovanna, pur giovane – ha 29 anni – procede con piglio ed idee chiare. Nel 1507, il San Paolo ha rendite per 1.300 ducati d’oro annui: fra i primi provvedimenti, la nuova badessa si adopera per godere appieno della somma, ottenendo da papa Giulio II un decreto di scomunica contro due canonici che trattavano come propri alcuni beni (compresi alcuni libri) di pertinenza delle monache. Risorse che le permettono di avviare un ambizioso programma artistico.

La badessa impone una seria disciplina nel convento, pur allentando la clausura. Il suo appartamento è frequentato da artisti e letterati e avvia corrispondenze con altri intellettuali, come la poetessa Veronica Gambara.

Ha gusto e ha naso, la nostra madre superiora. Perché per completare la decorazione del monastero, scova due talenti destinati ad entrare nella storia dell’arte. Nel 1500, al San Paolo inizia a dipingere Alessandro Araldi, che affresca il coro della chiesa, poi la cappella di Santa Caterina e infine parte dell’alloggio di Giovanna da Piacenza. Per Araldi, il San Paolo è la prima importante commissione.

Nel 1518 è la volta di Correggio, che aveva già dato prova di bravura in alcune tele, ma che in un grande lavoro di affresco è pure lui al debutto. Giovanna gli assegna da dipingere il suo studio personale, o forse la sua stanza da pranzo. Giorgio da Erba ha da poco rifatto il soffitto, inserendo un ombrello di sottili coste gotiche. Correggio lo trasforma in un magnifico pergolato verde, dietro il quale fanno capolino numerosi putti paffuti. E poco sotto aggiunge una serie di lunette con soggetti mitologici antichi e una dea Diana su un carro.

Che significato ha questa complessa allegoria? Non lo sa nessuno. Per quanto ci abbiano provato, iconologisti e storici dell’arte non hanno mai decifrato il senso recondito di questi dipinti ordinati con perfetta simmetria. Anche perché, per secoli, gli affreschi del Correggio non li vede nessuno. Nell’appartamento di una badessa mettono piede in pochi. E quando la stanza dipinta cambia di funzione venendo aggiunta alla parte di clausura, non ci entra proprio più nessuno se non le monache. Solo nel 1774, il pittore Anton Raphael Mengs ne scriverà in alcuni testi, rivelando al mondo il tesoro lasciato dalla badessa Giovanna da Piacenza.

Diana affrescata da Correggio sul caminetto della Camera della badessa del convento di San Paolo a Parma, 1518-1519. Potrebbe, Correggio, aver dato alla dea greca le sembianze della badessa Giovanna Bergonzi) La figura ha una luna sulla fronte, simbolo presente nello stemma della famiglia Bergonzi.
Diana affrescata da Correggio sul caminetto della Camera della badessa del convento di San Paolo a Parma, 1518-1519. Potrebbe, Correggio, aver dato alla dea greca le sembianze della badessa Giovanna Bergonzi? La figura ha una luna sulla fronte, simbolo presente nello stemma della famiglia Bergonzi.
Affreschi allegorici di Correggio nella Camera della badessa, convento di San Paolo, Parma, 1518-1519
Affreschi allegorici di Correggio nella Camera della badessa, convento di San Paolo, Parma, 1518-1519

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