Città che cambia,  Età contemporanea

24.3.1993. Nuovo carcere in via Burla

24 marzo 1993 – Inaugurazione ufficiale del carcere di via Burla, dove in realtà le celle sono occupate già da alcuni mesi. Una piccola cerimonia riservata, presieduta dal direttore del dipartimento penitenziario Nicolò Amato, sancisce il definitivo abbandono del vecchio carcere di San Francesco, in centro città per questa struttura di cemento armato, che pur nuova non manca di suscitare lamentele per l’umidità.

Il trasferimento dei detenuti è avvenuto nell’ottobre 1992. L’unico incidente noto dell’operazione è lo smarrimento di un gatto di nome Willy, al quale un anziano detenuto è affezionatissimo: una storia quasi come quella del cinematografico L’uomo di Alcatraz e i suoi uccellini. Senza più il suo gatto, il detenuto smette di mangiare e rischia fin di morire. Allora, Mario Tommasini lancia un appello alla città per ritrovare Willy, che nel giro di pochi giorni salta fuori e viene portato anche lui nel nuovo penitenziario in via Burla, con grande gioia del recluso che ha ritrovato il suo amico.

In via Burla i centri di detenzione in realtà sono tre. C’è la casa di reclusione (il carcere “normale”), la casa circondariale per la detenzione preventiva e la struttura di massima sicurezza per i detenuti ex 41 bis, legati ad associazioni mafiose.

L’apertura di Via Burla permette di iniziare a pensare al recupero dell’antico complesso di San Francesco del Prato, monastero trasformato in caserma al tempo di Napoleone e poi in prigione. La chiesa, che era stata sezionata per inserire le celle, riaprirà al culto il 3 ottobre 2021.

Il carcere nuovo è sicuramente più sicuro; solo una volta, nel 2013, due detenuti riusciranno a fuggire, nella maniera più classica possibile: segano le sbarre e si calano dalla finestra con le lenzuola annodate. Ed è anche più grande. In questo 24 marzo 1993, la capienza ufficiale è di 385 posti, anche se nel tempo sarà di molto superata. A seguito di nuove costruzioni interne, sarà poi portata a 655.

Il nuovo penitenziario resterà senza un nome fino al 2019, quando sarà intitolato a tre agenti di custodia partigiani, Gennaro Capuano, Enrico Marchesano e Giuseppe Patrone. Durante la Resistenza, lavoravano nel carcere di San Francesco tenendo i contatti fra i reclusi e l’esterno. Scoperti, furono fucilati dai tedeschi il 19 agosto 1994. Purtroppo quasi nessuno chiama il penitenziario “Capuano, Marchesano, Patrone”: a Parma per tutti resta “Via Burla”.

Strutture del carcere di Parma in via Burla
Strutture del carcere di Parma in via Burla

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Succede il 24 di marzo:

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