24.3.1944. Un parmigiano alle Fosse Ardeatine
24 marzo 1944 – A Roma, in una cava appena fuori città, gli occupanti nazisti uccidono 335 civili. È la rappresaglia per un attentato partigiano in cui sono morti 33 soldati altoatesini. L’ordine è ammazzare dieci persone per ogni soldato, ma il conto finale eccede di cinque vittime. È il tristemente noto Eccidio delle Fosse ardeatine, uno dei più crudeli, per l’alto numero di morti.
Fra le vittime c’è anche un parmigiano, Pilo Albertelli, figlio minore dell’ingegnere e parlamentare di Guido, che è fuggito a Roma per scampare alle persecuzioni dei fascisti di Parma.
Guido Albertelli è stato mazziniano e poi figura di spicco del socialismo riformista in Emilia, fra i fondatori del Partito dei Lavoratori nel 1892 e della Camera del lavoro di Parma, due volte deputato.
Gli Albertelli nel 1925 si rifugiano a Roma, dopo diversi attentati squadristi.
Già nel 1922, nelle famose giornate delle barricate, lo studio di Albertelli in borgo Giacomo Tommasini è devastato dalle squadracce nere di Italo Balbo, che oltre che distruggere molte carte, gli rubano la macchina da scrivere.
Nel 1925 fanno ben peggio. La prima volta il 4 aprile: poco prima della mezzanotte, un gruppo di giovani intercetta l’onorevole in un vicolo non lontano da casa sua e lo randellano. Lui scappa. Loro lo inseguono. Lo riprendono e ancora botte con i bastoni. La sua colpa era stata di aver partecipato ad una riunione con i deputati aventiniani. La seconda volta è il 23 luglio, quando i fascisti, a seguito di un litigio fra il Fascio locale e l’associazione Mutilati, devastano la redazione del giornale Il Piccolo (che i Mutilati stavano per riaprire) e gli studi dell’onorevole Micheli e dell’avvocato Grassi e danno fuoco alla casa e allo studio di Albertelli. Partono anche diversi colpi di rivoltella, sia contro di lui che contro il figlio maggiore Nullo. Da qui la decisione di scappare a Roma.
Nella capitale, la famiglia Albertelli spera di poter godere di maggior sicurezza, se non altro perché non è conosciuta. Purtroppo l’esilio non è sufficiente.
Nel 1925, Pilo ha 18 anni. Nella capitale studia e poi insegna Filosofia. Ma appena ne ha l’occasione, segue le orme paterne assumendo impegni politici di primo piano. Nel 1942 partecipa alla fondazione del Partito d’Azione a Roma. Aderisce alla Resistenza, diventando comandante militare degli Azionisti in città.
I tedeschi lo catturano il 1° marzo 1944 e inutilmente cercano con la tortura di estorcergli informazioni sulla rete partigiana.
Nel momento della selezione delle vittime della rappresaglia delle Fosse ardeatine, il parmigiano è uno dei primi ad essere scelto.