24.12.1943. Il traditore e la prima battaglia della Resistenza
24 dicembre 1943 – All’alba, Stelio Giovanardi, studente universitario di Reggio Emilia, lascia il campo base dei partigiani della Val Noveglia, comandato da Giovanni Favagrossa. Il giovane è una spia inviata dai fascisti, che ora corre attraverso boschi e prati, verso Borgotaro, per rivelare alla legione il luogo in cui venire a cercare i ribelli.
Qualche giorno prima, i militi della Rsi locale hanno arrestato un’altra piccola formazione partigiana: interrogati, rivelano una parola d’ordine, “T34”, e alcuni nomi, con i quali arrivare al centro della resistenza in Appennino.
Il 22 dicembre, la spia è a Noveglia e contatta Giuseppe Fulgoni, uno degli organizzatori della brigata. Gli chiede di entrare a farne parte e il giorno successivo è alla base. Eccola la base! Si trova ad Osacca, isolata minuscola località a quota 743 metri sul livello del mare, circondata da boschi, a meno di quattro chilometri dal passo di Santa Donna.
La spia resta solo 24 ore, prima di fuggire per rivelare la posizione. E 24 ore ancora più tardi, ecco salire i repubblichini, intenzionati a sgominare il gruppo.
Quelli di Osacca sono solo in 17; gli altri sono scesi per passare il Natale in famiglia. Però ben armati, con fucili, un fucile mitragliatore e una mitragliatrice Breda. Affrontano circa 100 uomini.
L’80^ Legione camicie nere di Parma lascia la città alle 4 del mattino del giorno di Natale a bordo di tre pullman scoperti. Due ore e mezza dopo sono a Noveglia, a perquisire ogni casa. Poi ripartono per Osacca. Ma sono attesi, perché Fulgoni, che ha casa un chilometro più in basso, sentendoli salire prende a sparare in aria, svegliando i compagni in tempo per organizzare la difesa.
Scoppia dunque la battaglia di Osacca, la prima operazione militare della Resistenza nel parmense. Uno scontro durato solo due ore. I partigiani sono bravi a trincerarsi e a far rumore, abbastanza da spaventare i ben più numerosi avversari, che si convincono di non poter vincere senza armi pesanti. A metà mattina, i fascisti già si ritirano a Noveglia, dove hanno arrestato alcune persone. I partigiani, assieme a quasi tutti gli abitanti della frazione, temendo un secondo attacco, lasciano Osacca in direzione Bedonia.
La Resistenza parmigiana comprende l’importanza della battaglia. Non conta se lo scontro è stato di limitate dimensioni e senza guadagni concreti: l’importante è che i partigiani abbiano resistito ai fascisti, una notizia da divulgare subito, per dar coraggio e speranza a tutti quelli che col fascismo vogliono farla finita.
In città, le “Formazioni Garibaldine Guido Picelli” stampano clandestinamente un foglio in cui raccontano la battaglia di Osacca ed esortano la gente a partecipare e sostenere la Resistenza. Il ciclostilato dei partigiani ha una così ampia diffusione, che le autorità locali della Rsi sono costrette a pubblicare una propria versione dei fatti, un articolo della Gazzetta su due colonne che parla di catture vicino a Bardi, vaneggia sul prossimo ritorno a casa di tutti quelli che si sono ritirati in montagna e minaccia le famiglie di chi non lo farà. Ma l’unico reale effetto, è dare ancor maggior eco alla battaglia di Osacca. È la classica smentita che conferma.
Parma ricorda ancor oggi quella battaglia nel nome del viale che collega via Gramsci a viale Piacenza.