23.9.1505. Morirono asai di fame poveri molti per le strade
23 settembre 1505 – L’epidemia che da un anno e mezzo colpisce Parma, viene finalmente dichiarata finita. La malattia si è diffusa quando già la gran parte della popolazione è gravemente indebolita da una carestia. Entrambi i problemi sono legati alla presenza in città di una guarnigione francese, giunta l’8 maggio del 1504: i soldati hanno portato germi nuovi e soprattutto il loro sostentamento ha causato – già un mese dopo il loro arrivo – un insostenibile rincaro dei generi alimentari, con prezzi triplicati per grano, fave e crusca.
Il libraio Leonardo Smagliati, che sopravvive a questo terribile anno e mezzo, ha descritto a vividi colori il dramma dei parmigiani al principio del Cinquecento:
“Eran tanti poveri dentro e fuora, che gli frati di S.Giovani quali il lune e il venere davan la carità, ogni volta davan 2.500 pani ad un per homo: e la povertà da oni parte caciata quivi si riducea dove mai caciata non fu; e tanto pan di mistura facevasi da vendere, che era gran meravilia che 2 pani da di.[nari] 6 l’uno, non potean satiare una persona”.
“Morirono asai di fame poveri molti per le strade: si trovavan dove 4, dove 5, 3 e duoi chi per fame chi per fredo morti; ne tuti potean stare nei ospitali et anco neli ospitali ogni dì ne morivan”.
“Ne era dì che non fusin almanco cento poveri in piaza distesi, dala fame astreti al pianto: alcuni il figliolo piangea morto, alcuno il padre, il fratello; altri figlioleti, bevendo il latte, mancavali il spirito ala madre, dove in breve seco moriva. Tali in piaza per le strade e nele case ancora non senza incredibile dolore e compasione, si vedeva; e gli miseri per fame ogni herbe coglievano e mangiavano: i torsono di verze erano zucharo; torte asai si facean e tal crosta haver fata 3 e 4 torte si vidi; e la notte i cridi s’udivan de gli afamati: per la cità e nel contado moriron asai, etc.”.