Cronaca,  Età contemporanea

23.11.1859. Razzie e omicidi della banda di Bogolese

23 novembre 1859 – Quattro uomini silenziosi scalano il muro di una casa a Mezzano Superiore ed entrano dalla finestra. Svegliano il proprietario, Luigi Rondani, e gli intimano di consegnare soldi e oro. Per convincerlo, prendono a spaccare mobili e vetri. Se ne vanno poco dopo portando via non solo oro, gioielli e un orologio, ma anche il fucile e tutti gli abiti del malcapitato Rondani.

I quattro di questa notte fanno parte della Banda di Bogolese, un gruppo armato che per alcuni anni terrorizza i parmensi, mettendo a segno 46 colpi in tutta la provincia. Quello di Mezzano è uno dei primi.

La banda raccoglie un gran numero di disgraziati privi di mezzi, guidati dai capi Ferdinando Baiocchi, Antonio Menozzi e Angelo Zanluca, tutti di Copermio. Sempre più grossa, la banda arriva a contare 67 membri. Agiscono di norma nella Bassa parmense, da dove provengono quasi tutti i banditi, ma se braccati si rifugiano oltre il Po nel cremonese. Non lontano dalla città, in un’ansa del fiume verso San Polo di Torrile, hanno un deposito segreto di munizioni e attrezzi da scasso.

Per entrare nelle case usano gli espedienti più vari. A volte passano banalmente dalle finestre aperte, come a Mezzano. Ma sono capaci di trucchi ben più furbi, come quella volta a Ravadese, il 18 febbraio 1860, che si introducono nell’abitazione di Angelo Caggiati travestiti da soldati della Guardia nazionale e portano via 80 pezzi d’oro. A Vicofertile, undici giorni dopo, al contrario fingono di essere disertori morti di fame e sono accolti nella casa di Luigi Rodolfi, dove poi prendono tutto ciò che trovano. Le razzie di quelli di Bogolese hanno per obbiettivo denaro e oro, ma spesso depredano anche vestiario, viveri e animali.

Rapina dopo rapina, sempre minacciando e percuotendo le vittime, in più occasioni lasciate ferite, la Banda di Bogolese diventa il pericolo pubblico numero uno nel parmense. I carabinieri per anni lavorano alla loro cattura.

La banda viene chiamata “di Bogolese” perché il delitto peggiore lo commette qui. Il 15 febbraio 1863, la banda pianifica ben tre colpi tutti a Bogolese, ai danni del mugnaio, del parroco e di un facoltoso possidente. Ma qualcuno tradisce e viene organizzata una trappola. Ad attenderli nel mulino ci sono dodici guardie con le pistole cariche. All’irruzione dei rapinatori, le guardie si mostrano e urlano: “Arrendetevi!”. Quelli, invece che alzare le mani, prendono a sparare. Ne segue una lunga lotta dove due soldati perdono la vita. Diversi banditi sono però catturati e per la banda è l’inizio della fine.

Arrestati i capi e tutti i membri del gruppo, il 2 ottobre 1865 inizia il processo, che dura fino al 5 gennaio 1866, con udienze che richiamano sempre un affollato pubblico. La sentenza è emessa il 23 gennaio: 53 imputati sono colpevoli, solo dieci assolti. Le pene più gravi sono per 19 banditi condannati ai lavori forzati a vita e soprattutto per Ferdinando Baiocchi, Paolo Salvini e Pietro Berselli, condannati a morte, condanna che probabilmente non viene eseguita.

Si racconta che il bottino della Banda di Bogolese sia rimasto in mano ad un uomo di Ravadese, tal Genesio Benecchi, che dopo il processo – nel quale nessuno lo coinvolse mai – donò tutto in beneficenza.

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