22.8.1821. Un tesoro sfuggito alle razzie dei barbari
22 agosto 1821 – Tre operai incaricati di portar via la terra scavata per gettare le fondamenta del Teatro Regio, scoprono un tesoro di monete e gioielli. Del fatto viene subito informato il direttore del Museo parmense Pietro de Lama, che riconosce immediatamente antichità e valore della scoperta. La duchessa Maria Luigia ricompensò gli operai scopritori del tesoro con una somma equivalente al suo valore, ordinando di esporre i reperti nel Museo della Pilotta.
Ci sono 33 aurei coniati fra l’epoca di Nerone e il 251 d.C. e 14 gioielli. Non si tratta di monetine perse secoli e secoli da un parmigiano distratto, ma di tutti i preziosi di qualche facoltoso che in momento di particolare pericolo e paura, credette bene di sotterrare per evitare di essere derubato. Oppure proprio il bottino di una razzia, che il razziatore non voleva dividere con altri. Accadde fra 268 e 271. Il fatto che nessuno sia mai tornato a prendere l’oro, lascia intuire facilmente il destino di colui che lo nascose.
Fra i gioielli c’è anche una piccola croce in filo d’oro ed un pendente con incastonata una moneta d’oro col volto di Gallieno, il primo imperatore ad emettere editti in favore dei cristiani. Forse, allora, il tesoro è appartenuto proprio ad una delle prime famiglie cristiane di Parma.
Il tesoro del Regio richiama direttamente una fase difficile per la città come per l’intero Impero romano, quella delle prime invasioni barbariche. In particolare, dal 260 al 271 più volte gli Alemanni superano le Alpi e imperversano in Pianura padana. Proprio nel gennaio 271, questa alleanza di tribù germaniche sconfisse l’imperatore Aureliano a Piacenza, per poi essere a loro volta battuti a Fano; si ritirano allora verso occidente percorrendo tutta la via Emilia, per essere di nuovo travolti dai Romani a Pavia. In questi movimenti, dovettero passare più volte per Parma.
Gli Alemanni non torneranno più, ma la città subì altre scorrerie, dei Taifali nel 377, dagli Unni di Attila nel 452, dei Goti nel VI secolo. Una lunga epoca di incertezza, che ridusse Parma alla sua dimensione più piccola di sempre.