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22.7.1854. I mazziniani vogliono incendiare il Teatro Regio

22 luglio 1854 – I mazziniani hanno organizzato per questo giorno la rivolta di Parma. Nel corso di lunghe serate ai tavoli dell’osteria del Molinetto (appena fuori porta San Francesco verso Collecchio), i patrioti repubblicani hanno messo a punto il piano, condiviso con i fratelli di Torino. La gente è arrabbiata per il rincaro del pane: sono convinti che se scoppiasse un tumulto, tutti seguirebbero.

Il piano prevede di nascondere qualcuno all’interno del Teatro Regio e di darlo alle fiamme nel corso della notte. Le guardie dovranno allora accorrere per spegnere l’incendio, lasciando sguarnite le caserme e altri luoghi sensibili, facilitando l’assalto dei rivoltosi. I mazziniani sono convinti che molti parteciperanno. Occorre prendere il controllo anche della torre del Duomo, per far rintoccare la campana del Baione come richiamo all’insurrezione.

L’elemento fondamentale del piano è la sorpresa. E proprio questo è anche il suo punto debole.

Pochi giorni prima del 22, infatti, una giovane che ha sentito tutto e con la coscienza che morde, si reca fino a Sala Baganza, dove la duchessa Maria Luigia trascorre l’estate, per raccontarle ogni dettaglio. La signora di Parma la riceve e le crede. Il Teatro e la Cattedrale vengono occupate dall’esercito prima che i ribelli si muovano. Questi, che hanno già in mano fucili ceduti da guardie di finanza complici, decidono comunque di provarci, sparando sui soldati dai caffè Bersellini e dal caffè Ravazzoni.

Per tutta risposta, il colonnello Luciano Curtarelli fa portare un cannone e fa fuoco due volte sulle vetrine del caffè Ravazzoni, poi saccheggiato dai soldati che si scolano fino all’ultima bottiglia di liquore; e dire che Curtarelli nei moti del 1831 era andato in piazza a inveire contro Maria Luigia!

I ribelli sono presto costretti alla fuga, lasciando indietro dieci morti, quaranta feriti e 160 arrestati.

Altri spari si odono a sera, in strada San Michele, non si sa se perché ancora qualcuno tenta azioni rivoluzionarie, o solo per errore delle guardie. Fatto sta che muoiono altre 14 persone e 7 rimangono ferite. Un altro uomo ancora, Carlo Guellio, riconosciuto come complice dell’omicidio di un giudice avvenuto sei settimane prima, muore in una caserma. Due soldati che hanno fraternizzato con gli insorti sono fucilati il giorno successivo.

Il 6 agosto il Consiglio di guerra condanna a morte tre finanziari amici dei mazziniani: Emilio Mattei, Luigi Facconi e Adorni Cirillo, assieme al calzolaio Pietro Bompani e al negoziante Enrico Barilla. Per quest’ultimo la pena è commutata a 20 anni di lavori forzati. Gli altri sono fucilati su un bastione della Cittadella. L’ultimo a morire è Mattei, trasportato al patibolo in barella perché ha una gamba in cancrena, per le ferite del 22 luglio – è caduto dal tetto del caffè Bersellini –. La barella viene poggiata in verticale con lui legato sopra, poi il plotone spara.

Il caffè Ravazzoni si trovava in strada di San Quintino, all’angolo con strada San Michele. Oggi strada San Quintino è diventata strada XXII Luglio.

Cartolina celebrativa del 50° della fucilazione di Enrico Mattei sul bastione di San Francesco a Parma
Cartolina celebrativa del 50° della fucilazione di Enrico Mattei sul bastione di San Francesco a Parma
Targa celebrativa dell'insurrezione del XXII luglio 1854 collocata al principio della via dedicata proprio a questa data
Targa celebrativa dell’insurrezione del XXII luglio 1854 collocata al principio della via dedicata proprio a questa data
Targa celebrativa dell'insurrezione del XXII luglio 1854 collocata in via Saffi
Targa celebrativa dell’insurrezione del XXII luglio 1854 collocata in via Saffi

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