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22.7.1609. Le magie d’amore di Maria Caterina

22 luglio 1608 – Giovanni Maria Arrighi, inquisitore di Parma, chiede l’arresto di Maria Caterina Molinari, detta La cappona, accusata di essere una strega.

Maria Caterina non vola sulla scopa, non fa sabba e non balla con Satana, ma per pochi soldi vende fatture d’amore a ragazze come lei, che vorrebbero conquistare begli uomini.

La cappona è stata denuncianta da una concorrente, Antonia Guidi detta La tognazza, modenese che abita Colorno, arrestata e interrogata pochi giorni prima. Maria Caterina diceva in giro che le magie di Antonia non funzionavano, così, quando questa si trova a dover dare un nome all’inquisitore, fa subito quello della Molinari.

Per conquistare gli uomini, La cappona dispone di una ampio repertorio di sortilegi. C’è quello dei tre chiodi, che si piantano in terra a formare un triangolo, recitando un’invocazione al diavolo e al nome dell’amato; poi si prendono delle candele – ma devono essere benedette – e le si mette accese fra i chiodi; intorno va tracciato un cerchio e si afferma ad alta voce “voglio il moroso”, sempre appellandosi più e più volte il diavolo. Oppure l’incantesimo del grembiule, da scuotere ripetendo formule per legare a sé l’amato. O ancora quello del pane: si prende un pane e lo si mastica e si sputa e si mescola con una libbra di sale e dei rametti di cipresso (la “erba sabina” che la magia da sempre associa a Sirio, stella più brillante del cielo), si fanno dei panetti e poi la ragazza che vuole usare la magia si spoglia nuda e li getta nel fuoco.

A parere di Antonia Guidi, quest’ultimo rituale è quello che funziona sempre.

Insomma, l’inquisitore sente parlare di tutto questo e ordina l’arresto della nostra Cappona e con lei di almeno un paio di altre donne che hanno partecipato a simili esercizi di scienza occulta, tutte di casa a Colorno. Una di loro, torturata, conferma le voci su Maria Carolina.

Ma quando finalmente la ragazza è condotta nei sotterranei di San Pietro martire – sede dell’inquisizione – le accuse cadono. Per averla a Parma, l’inquisitore deve pazientare diversi giorni, perché lei da un po’ da Parma si è trasferita a Modena. Ma l’incontro lo delude. Parlandole, si rende conto di essere di fronte ad una sempliciotta, un’ingenua che fa comunella con altre ingenue e magari prova a guadagnar qualcosa per sbarcare il lunario. Certo non un’adoratrice del diavolo. E forse La cappona ha qualcuno in confidenza con l’inquisizione che garantisce per lei: suo padre adottivo fa il boia, si occupa cioè anche degli interrogatori, lo stesso mestiere del marito di Antonia Guidi.

Maria Caterina Molinari viene presto liberata, torna a Modena e qui di nuovo arrestata, perché anche l’inquisizione di là vuole vederci chiaro. Alla fine si ritrova ad essere né libera né condannata: le viene intimato di non uscire mai dalla città, per tenerla sotto controllo. Con buona pace delle innamorate non corrisposte.

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