22.4.1746. Gli spagnoli si arrendono. Parma è austriaca
22 aprile 1746 – Gli Spagnoli si arrendono agli Austriaci e cedono Parma. La città è cinta d’assedio fin dai primi del mese, difesa in ogni modo dal marchese del Castellar, che per rinforzare le mura ha fatto sequestrare perfino le botti e i tini che stavano nelle cantine della gente a far invecchiare il vino. Troppo poco per resistere ai cannoni di Vienna.
È da un anno che in pianura Padana corrono gli eserciti. Da una parte ci sono Francesi e Spagnoli; dall’altra gli Austriaci con i Piemontesi, supportati anche dall’Inghilterra. Come sempre in questi casi, il primo problema è il cibo, perché i soldati razziano e ostacolano il lavoro nei campi. Manca anche la legna da ardere, tanto che da metà aprile i fornai non sanno più come cuocere il pane. Il giorno 15, gli assedianti deviano il corso del torrente Parma per lasciare i parmigiani pure senza acqua.
Antonio Sgavetti, un barbiere che tiene un diario quotidiano di questi eventi, il 22 scrive: “Oggi più d’ognaltro giorno si sente Cannonate, sì dal Castello che da Baloardi, cosa anche questa che inquieta il Popolo: le aque non corrono […]. Si vive, ma con scarcezza e penuria di tutto Cosa, non più veduta [da] secoli più di 3 alla simile” (da 300 anni non si vede una simile scarsezza di cibo).
Il marchese del Castellar spera che arrivino presto rinforzi da nord, ma la piena del Taro blocca le forze Francesi inviate ad aiutare Parma. Non resta che capitolare. Il marchese fugge il 19 e la mattina dopo Parma è consegnata agli Austriaci. Un manipolo di soldati borbonici ancora resiste, asserragliato nella Cittadella:
“Alle ore 4 e meza, improvvisamente si cominciò ad’udire non so che tiri dalla Fortezza; ma dalle 5 alle 8 e meza fu un fuoco il più infernale che possa udirsi al mondo, fuoco di spingarde e Moschetti, e si volle vi fosse delle Granate; fu una cosa che tutta la città fu sorpresa. Alle 10 Cominciò il Cannone a simil fuoco del antedetto, ma con Granate Reali, cosa che parea un Tuono Continuo d’Inferno, l’Altissimo si aiuti e Maria Santissima e Nostri Santi protettori, altrimenti siamo ad’un mal termine”, scrive sempre Sgavetti.
Ma pian piano, anche la gran parte dei soldati della Cittadella cede, alcuni disertando e gli altri alzando bandiera bianca nella notte fra 22 e 23.
La guerra è finita? Ancora no. Continua altrove, per un altro anno e mezzo, a Piacenza, in Veneto, in Provenza. Parma non sente più il rombo dei cannoni, ma paga comunque. Paga 200 carri con relativi buoi come risarcimento di guerra per non essersi arresa. Paga con l’arresto o l’esilio di tutti i sostenitori degli spagnoli o che semplicemente avevano pubblicamente apprezzato il loro effimero ritorno. Paga il mantenimento di numerose truppe acquartierate nel Ducato, ben sette reggimenti nel 1747. Paga con tasse aumentate in misura sensibilissima. Paga con un’epidemia fra il bestiame che svuota molte stalle.
Molte volte nei secoli la guerra ha visitato Parma e questa è una di quelle. Guerra inutile, perché alla fine, firmata la pace, gli austriaci restituiscono Parma al duca Filippo di Borbone che vi entra senza sparare un colpo.