22.1.1679. L’invenzione dei farmaci equivalenti

22 gennaio 1679 – Il medico Angelo Aquila e lo speziale Francesco Reverberi inventano i farmaci equivalenti.

I due sanitari fanno parte della Congregazione di Carità di Parma, un ente benefico che dall’inizio del Cinquecento fornisce gratuitamente medicinali ai poveri della città. Da pochi anni, dal 1670, questa Congregazione possiede una farmacia propria e ogni giorno c’è la fila. A Parma i nullatenenti sono molti e le malattie anche. Il problema della Congregazione è far quadrare i conti: vuole soccorrere tutti, per cui non può spendere troppo per pochi, perché non resterebbe nulla per gli altri. L’ente ha risorse per circa 1.700 lire all’anno ma con 700-800 assistiti a settimana, nel 1678 ha sborsato quasi il doppio.

È allora che i gestori dell’opera pia capiscono di dover cambiare qualcosa: sostituire i “medicamenti preciosi” con altri dall’effetto analogo, ma più economici. Assomiglia all’idea che verrà trecento anni più tardi a diverse case farmaceutiche, quando nel XX secolo scadranno i brevetti dei primi medicinali sottoposti a copyright.

Fra gli ingredienti preziosi esclusi ci sono le perle, i bezoar (conglomerati che si formano nello stomaco delle capre), il sale di Saturno (acetato di piombo), lo sperma di balena e lo zafferano.

La novità non è facile da far accettare. I quattro medici che lavorano per la Congregazione di Carità nel 1679 vorrebbero continuare a prescrivere le solite ricette, ma la Carità li avverte: non pagherà se non saranno seguite le nuove indicazioni elaborate da Aquila e Reverberi. Alla fine il Collegio dei medici di Parma approva il prontuario al risparmio riservato ai poveri e gli equivalenti entrano in uso.

La Congregazione insisterà anche nei secoli seguenti con i suoi speziali perché seguano la stessa politica iniziata nel 1679. Riuscirà in questo modo a curare i poveri parmigiani per secoli, fino alla nascita del sistema sanitario nazionale negli anni ‘70 del Novecento.