21.11.1845. Una facoltà per maniscalchi e veterinari
21 novembre 1845 – Al quarto tentativo in 75 anni, apre finalmente in modo definitivo la facoltà di Veterinaria di Parma.
Il primo a cercare di avviare un percorso di studi per i dottori degli animali è stato il duca Ferdinando, che il 30 luglio 1770 manda il diciannovenne Giuseppe Orus nella rinomata Università di Alfort perché apprenda le nozioni necessarie a formare zooiatri anche nel suo Ducato. Ma mentre questo termina brillantemente i suoi studi, a Parma cambia il contesto politico e il progetto finisce nel nulla, tanto che Orus si decide a rientrare non in Emilia ma a Venezia, costruendo là una felice scuola di veterinaria.
Ci riprova nel 1814 il ministro Francesco Magawly Cerati, che nel 1814 riapre l’Università parmense soppressa ai tempi di Napoleone e aggiunge un corso di Veterinaria: il 2 novembre 1814 chiama a Parma da Reggio il professore Mario Luigi Melchiorre Benvenuti, ma quattro anni dopo questo è promosso insegnante di Medicina, e poi mancano gli spazi, tanto che non si va oltre le lezioni teoriche, così gli studenti scontenti preferiscono trasferirsi altrove e il corso viene abolito.
Il 25 ottobre 1832 un decreto di Maria Luigia ripristina la facoltà di Veterinaria, con Benvenuti ancora al suo vecchio incarico. Questo però muore il 30 settembre 1839 e di nuovo il corso si affossa dopo aver laureato due persone solamente.
Finalmente, dopo aver trovato non senza difficoltà due insegnanti davvero validi, in questo 1845 Veterinaria apre di nuovo, e stavolta per sempre. Il 21 novembre un discorso inaugurale è pronunciato dal docente di chirurgia Francesco Lombardi, seguito il giorno successivo dalla prolusione del nuovo direttore Pietro Delprato, che parla dell’importanza dei veterinari e dei loro compiti, ovvero salvare l’economia agricola dalle periodiche mortifere epidemie che colpiscono gli allevamenti. La facoltà è quella che ancor oggi esiste a Parma.
Molto del merito di questo successo, dopo tante false partenze, va riconosciuto a Giuseppe Maria Pallavicino, presidente del Magistrato degli Studi dal 1834, che creò le condizioni per fondare un vero istituto veterinario, con gabinetto zoologico e sale cliniche.
Nei primi anni ’30 dell’Ottocento, la scuola ha sede dentro una chiesa sconsacrata, quella del Carmine (oggi auditorium), scelta perché vicina a dove si svolge il mercato del bestiame. Poi si sposta alla Cavallerizza dell’ex Collegio dei Nobili, per tornare dalla primavera 1837 al Carmine, stavolta nell’ex convento, che poi è l’attuale Conservatorio.
Gli insegnanti, oltre a conoscere l’anatomia, le malattie, le cure e le tecniche chirurgiche, devono essere anche “pratici delle ferrature” (come chiede una legge di Maria Luigia del 29 novembre 1841), perché nell’Ottocento a Veterinaria si formano pure i maniscalchi, anche se per questi il corso dura un anno solo e per i veterinari tre. L’esimio professor Delprato, che non vuole che l’arte del ferrare i cavalli sia sottovalutata, accanto a studi su varie malattie e su una presunta “razza cavallina di Parma“, ha scritto un libro sulle origini storiche della mascalcia, risalendo addirittura fino ad Ippocrate (e guarda caso, questo nome letteralmente significa “governo del cavallo”…).