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20.4.1910. Hanno rubato i mobili del castello di Torrechiara!

20 aprile 1910 – Tre uomini arrivano al castello di Torrechiara, si fanno aprire dalla custode, entrano nell’antica cappella dove riposano Bianca Pellegrini e Pier Maria Rossi e portano via tutti gli antichi arredi. È un furto a metà. Furto perché l’operazione è svolta in segreto, senza avvertire nessuna autorità preposta alla cura dei beni culturali. A metà perché in realtà, per un’incredibile svista, nessun ufficio si è mai preoccupato di legare formalmente al castello i suoi arredi.

Come racconterà la custode, in questo 20 aprile 1910, due uomini biondi arrivano assieme ad un falegname del posto comunicando che è stato deciso di spostare gli arredi della cappella. La custode non chiede chi lo ha ordinato e lascia fare. I tre, con grande tranquillità, smurano le cinque tavole del polittico di Benedetto Bembo, i pannelli della tribuna gotica, la cassapanca quattrocentesca, imballano il tutto in casse, le trasportano in città e le mettono su un treno diretto a Roma. Nella capitale, a ritirare la “merce” c’è un antiquario, già d’accordo per l’acquisto.

La sottrazione viene scoperta quasi per caso. Qualche giorno dopo, arrivano a Torrechiara Laudelao Testi, direttore della Pinacoteca della Pilotta, don Nestore Pelicelli della Commissione per la conservazione dei monumenti e l’architetto Lamberto Cusani, che deve costruire una riproduzione della Camera d’oro da presentare all’Esposizione di Roma del 1911. Entrano nella cappella, si guardano intorno e restano sgomenti: non c’è più nulla!

Il polittico è stato dipinto a tempera da Benedetto Bembo nel 1462 e si compone delle icone di sant’Antonio Abate, san Nicomede, la Madonna col Bambino e angeli, santa Caterina d’Alessandria e san Pietro martire, con una predella dove sono raffigurati i dodici Apostoli. Oggi viene giudicata “di fondamentale importanza per la cultura figurativa padana in quanto si tratta dell’unica opera sicura di Benedetto Bembo”.

La tribuna, o coretto gotico, è un separé costruito per permettere al signore del castello di assistere alla messa senza essere visto: due pareti di legno ad angolo, decorate ciascuna con dodici formelle quadrate scolpite a motivi geometrici dipinti in rosso e azzurro, sormontate da un tetto a cono esagonale.

Iniziano indagini per capire chi ha preso queste opere e dove le ha portate. Seguono tre processi, con vasta eco sulla stampa. Alla fine, i giudici stabiliscono che non è stato un vero furto! Proprio perché manca una dichiarazione che vincoli a Torrechiara gli arredi fatti costruire da Pier Maria Rossi assieme al castello, quindi sono beni non di interesse pubblico e possono essere commercializzati.

L’antiquario romano offre una via d’uscita: offre allo Stato italiano il diritto di prelazione sul loro acquisto. Ma incredibilmente, Corrado Ricci, direttore del Consiglio superiore di belle arti, non si dice interessato. Evidentemente non ama il Medioevo e mette nero su bianco che sono beni di “scarsa qualità artistica”.

L’antiquario è libero di cercare un compratore. Per un po’ di anni, polittico, tribuna e cassapanca scompaiono, scambiati fra collezionisti. Nel 1928, la signora Pia Prandoni li acquista a Firenze e li porta a Milano. Nel 1936 li dona al Museo Civico di Milano, dove tuttora restano.

La cappella di San Nicomede nel castello di Torrechiara, invece, rimane spoglia come è dal giorno in cui è stata depredata. O quasi: c’è una foto del polittico portato a Milano.

Fotografia di fine Ottocento della tribuna di Pier Maria Rossi quando ancora era a Torrechiara
Fotografia di fine Ottocento della tribuna di Pier Maria Rossi quando ancora era a Torrechiara
Disegno delle due pareti della tribuna di Pier Maria Rossi un tempo a Torrechiara,
da "Arte italiana decorativa e industriale", a. IV, 1894.
Disegno delle due pareti della tribuna di Pier Maria Rossi un tempo a Torrechiara,
da “Arte italiana decorativa e industriale“, a. IV, 1894.

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