20.12.1411. L’arte della lana
20 dicembre 1411 – I 72 produttori di lana di Parma, ospiti nella sala del capitolo dei Domenicani sull’attuale prato della Pilotta, si radunano per approvare gli statuti dell’Arte della lana ed eleggere i loro rappresentanti: Genesio Zandemaria, Pietro Bertano ed il marchese Buralli.
La fabbricazione di tessuti, in questo inizio Quattrocento, è la maggiore industria di Parma. I lanifici sono concentrati in borgo degli Strinati (via Felice Cavallotti) ed impiegano 600 persone fra ritagliatori, tintori, cardatori, lavatori, follatori (“gnalchierai”) e filatrici, con 300 telai in costante attività e oltre 800 arcolai (“berozelli”). La lana è l’apice di un’ampia filiera: a lei fa capo la produzione dell’olio, necessario per ammorbidire la lana grezza; del sapone, che si usa per sgrassarla; dei colori, che servono a tingerla. Invece, di allevamenti di pecore nella montagna di Parma non ce ne sono abbastanza, così la materia prima è fatta arrivare anche da Mantova, Verona, Ferrara e perfino dall’Inghilterra.
Gli statuti dettano anche regole a difesa dell’ambiente: non si possono lavare panni nel canale che scorre dietro borgo degli Strinati, per non inquinarlo; si utilizzino invece esclusivamente i lavatoi pubblici di porta Bologna, in fondo all’attuale strada della Repubblica.
Arrivare all’istituzione della gilda non è stato facile. Sono occorsi tre anni di confronto per trovare un accordo. L’Arte limita la competizione fra produttori locali, ma evita che sorgano nuovi concorrenti e soprattutto permette protezioni da quelli di altre città. Ben presto, l’Arte ottiene il divieto di vendita di qualsiasi panno prodotto fuori dal territorio del Comune, ad accezione di quelli di pochi lanifici di Milano di particolare pregio (Parma è soggetta al Ducato di Milano). A Parma è addirittura vietato indossare calzari o cappucci di lana prodotti fuori città.
La gilda – detta anche Arte del pignolato (un particolare disegno dei panni) – offre poi prestigio sociale a chi ne fa parte. Il suo luogo di rappresentanza è l’altare di San Severo in cattedrale, sul lato nord, consacrato nel 1419, davanti al quale ogni 1° febbraio tutti i maestri lanai si radunano con grande pompa. Negli anni, il settore cresce sempre d’importanza, tanto che gli statuti saranno riformati nel 1422 e nel 1448. Fra i privilegi di cui gode chi lavora in questo ambito è anche quello di essere giudicato per qualsiasi accusa solo da altri aderenti alla gilda.
L’industria della lana, in questo primo Quattrocento, esporta gran parte del suo prodotto. Il miglior mercato è Venezia, dove sono esportate ogni anno 4.000 pezze di lana. La misura è standard: sei braccia e due terzi, l’unica lunghezza degli orditori consentita. I panni di lana di Parma sono riconoscibili perché tutti marchiati con il biscione dei Visconti di Milano e con il torello, simbolo di Parma. Molti sono panni da vela, da vendere necessariamente a Venezia, Genova o Pisa.
A spingere le navi che nel XVI secolo attivano una circolazione di merci e persone destinata in breve a cambiare il mondo, sono anche le stoffe intessute a Parma.
Oggi nessuno associa Parma all’industria della lana. Eppure, per secoli è stata una delle attività economiche più importanti. Ancora nel Seicento, lo storico Paolo Antonio Tàrsia, parlando dei centri di produzione della migliore lana in Italia, cita Aulone di Taranto, Altino in Veneto e Parma.