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2.3.1923. Vendetta degli squadristi in Oltretorrente

2 marzo 1923 – Notte di lotte in Oltretorrente, che anche dopo l’incarico di governo a Mussolini, resta sempre un centro di resistenza al fascismo.

È passato meno di un anno dalle famose barricate che hanno tenuto testa alle squadracce di Balbo. Ma poi c’è stata la marcia su Roma e ora comandano le camice nere.

I fascisti locali hanno un piano per prendersi la rivincita, una vendetta consumata al buio, nella notte di questo 2 marzo 1922.

Inizia tutto al mattino del giorno prima. In città vien fatta correre voce che le camice nere vogliano marciare in Oltretorrente. L’Oltretorrente reagisce subito e si organizza a riceverle. Sui muri appaiono anche fogli battuti a macchina che invitano alla sollevazione, incitano a ripetere l’impresa dell’agosto scorso, che qui i seguaci del pelatone di Predappio non sono ancora padroni.

Effettivamente, qualche noto aderente al PNF nel tardo pomeriggio varca il ponte di Mezzo al passo dell’oca e si inoltra lungo via Bixio. In testa c’è il comandante della milizia De Turris, con l’elmetto sul capo e un moschetto a tracolla. È accolto come si conviene: a pietrate e risate. I fascisti imbracciano i fucili, estraggono le pistole e poi scappano. Ma è tutta una farsa, una provocazione preparata a tavolino per permettere l’irruzione nel quartiere di esercito e carabinieri.

La vera invasione, quella delle forze di uno Stato ormai asservito ad un prologo di dittatura, inizia la notte del 2 marzo.

Nelle viuzze strette dell’Oltretorrente, entrano prima alcune pattuglie di carabinieri, ricevute allo stesso modo dei fascisti: lanci di pietre e tegole dai tetti e una valanga di insulti. Allora arrivano anche tutti gli altri, ben 200 soldati e 80 carabinieri guidati direttamente dal prefetto Samuele Pugliese (nominato da Roma da poche settimane) e il comandante dell’Arma Battaglia. Un piccolo esercito venuto a sfondare porte e mettere le mani sul popolo del quartiere.

All’imbocco di borgo Corridoni (più o meno la futura strada Costituente), la gente pare poter avere la meglio. Qualcuno spara dalle finestre, con armi sottratte agli austriaci e tenute nascoste dall’armistizio del 1918. Ma non colpiscono nessuno; tutti i proiettili restano conficcati nel muro della farmacia che sta lì all’angolo.

L’esercito si organizza e aggira le case dei resistenti. Circondano per intero borgo Parente, borgo Corridoni e borgo Paglia (non è un caso se proprio quest’area sarà oggetto degli sventramenti del 1929, ma progettati fin dal ‘24). Poi, una alla volta, entrano in tutte le case e con violenza trascinano la gente in strada.

A metà della notte, si contano 109 arrestati, tradotti un po’ alla volta nelle celle di San Francesco. Sono tutti uomini, fra i 18 e i 40 anni.

Non è finita. Pattuglie restano a vigilare le vie e all’inizio del pomeriggio – probabilmente dopo aver estorto qualche informazione ai poveretti interrogati in carcere – i soldati tornano alla carica, ancora sfondando porte, stavolta per arrampicarsi fin nelle soffitte, alla ricerca di persone nascoste e di armi e munizioni.

Dalle otto di sera è imposta la serrata di tutte le osterie.

L’occasione si presta per cancellare un luogo simbolo dell’Oltretorrente antifascista. La sede dell’Unione sindacale in borgo Santa Basilide al 30 viene requisita per farne un punto di guardia dei carabinieri.

Dei nuovi fatti di Parma approfitta il gerarca Roberto Farinacci. Questo a Parma aveva fallito nell’agosto ‘22, non solo fermandosi davanti alle barricate, ma anche inghiottendo amaro quando aveva dovuto accettare l’aiuto (comunque inutile) del rivale Italo Balbo. Aveva fallito anche nell’ottobre successivo, provando ad organizzare una seconda marcia su Parma, nella quale nessuno lo ha seguito. Ma ora che l’Oltretorrente è stato bastonato dall’esercito asservito ai nuovi capi, torna in città e fa stampare un suo proclama di vittoria, affisso in centro storico e in qualche copia (ma poche) anche di là dall’acqua.

La vendetta fascista è iniziata.

Folla intervenuta ad un discorso di Roberto Farinacci in Oltretorrente nel 1920, Archivio centrale dello Stato, Roma
Folla intervenuta ad un discorso di Roberto Farinacci in Oltretorrente nel 1920,
Archivio centrale dello Stato, Roma

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Succede il 2 di marzo:

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