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2.2.1257. Giovanni che aspettava l’era dello Spirito Santo

2 febbraio 1257 – È un uomo estremamente colto e capace, dotto teologo, scrittore e dotato di una verve retorica che gli permette di vincere duelli di dialettica. È un grande viaggiatore, che in un tempo ancora senza binari e senza motori, raggiunge i più lontani angoli d’Europa. È un visionario, che sogna un mondo diverso, migliore, fa sognare anche gli altri e vorrebbe veder cambiare subito le cose. E soprattutto è un uomo di pace, che perdona, riconcilia, accetta compromessi e pure sacrifici, se serve per sanare le frizioni o evitarne di nuove. È Giovanni Buralli, parmigiano piccolino, sempre col sorriso, che sa cantare, il sesto successore di san Francesco d’Assisi a capo dei francescani, che in questo 2 febbraio 1257 rinuncia alla carica di generale: uno di quei sacrifici per la pace.

Nato attorno al 1208 (si dice il 5 marzo), Giovanni vive a San Lazzaro e studia retorica a Parma. Entra nei francescani attorno ai 25 anni e viene mandato per lungo tempo a Napoli. Ma riprende gli studi e a Bologna affina la conoscenza della teologia. Le sue qualità emergono e può trasferirsi a Parigi per insegnare all’Università. Sono proprio i francescani di Francia a sostenere la sua elezione a generale dell’ordine, il 13 luglio 1247 a Lione.

Da generale, il nostro Giovanni Buralli si prodiga in ogni modo per ricomporre le divisioni fra francescani sorte fin dalla morte del fondatore, fra quelli che sostengono un’assoluta povertà, e altri – capitanati da fra Elia – più blandi e possibilisti rispetto al possesso di beni materiali. Il predecessore di Giovanni, Crescenzio da Jesi, ha bollato come scismatici tutti i rigoristi intransigenti. Giovanni invia loro lettere riconciliatorie e inizia un lunghissimo cammino su e giù per il continente per visitare quante più comunità francescane con l’obiettivo di riavvicinarle tutte.

Così, nel 1248 è in Inghilterra a Oxford, poi in Francia, dove saluta il re Luigi IX in partenza per la sua prima crociata. Nel 1249 in Spagna e a Costantinopoli (qui su incarico del papa). Nel 1250 in Sicilia e a Praga. Nel 1251 in varie regioni francesi.

Giovanni vorrebbe un ritorno alla regola originaria e rinuncia ai diversi privilegi che consentono all’ordine di usufruire di prebende e vantaggi.

Questo lavoro per recuperare armonia, però, si scontra con i sogni di Giovanni, una visione ultraterrena che ha appreso da Gioacchino da Fiore. Gioacchino ha predetto che nel 1260 inizierà una nuova epoca, quella dello Spirito Santo. Non ci sarà più bisogno della gerarchia della Chiesa, ma saranno gli ordini mendicanti – i francescani, per Buralli – a diffondere un cristianesimo davvero libero, cui tutti aderiranno pienamente e spontaneamente. Per questo i suoi frati devono mantenersi lontani dai beni materiali: per essere pronti all’imminente avvento del tempo nuovo.

Queste idee, rilanciate da altri parmensi, primo fra tutti Gerardo di Borgo San Donnino, ma anche Salimbene de Adam, a molti non piacciono. Neppure fra i francescani. E così si arriva a questo 2 febbraio 1257, quando Giovanni Buralli, a Roma, rassegna le sue dimissioni: il permanere nella carica potrebbe causare nuove divisioni e pure sanzioni dal papa, e lui è contrario a qualsiasi scontro.

Al suo posto, viene nominato il più noto dei suoi discepoli, fra Bonaventura. Che presto lo tradirà.

Per alcuni critici potenti, le dimissioni non bastano; Bonaventura dunque condanna il parmigiano al carcere a vita. L’intervento di un amico cardinale attenua la sentenza: Giovanni potrà stare in un monastero a sua scelta, e sceglie Greccio.

Probabilmente, queste decisioni sono vissute da Giovanni Buralli come un rivolo d’acqua fresca sulla pelle: lui è convinto che in meno di tre anni inizierà l’era nuova, e aspetta. A Greccio aspetta, e non succede nulla. Due papi gli offrono la porpora cardinalizia, ma lui rifiuta perché sta sempre aspettando il tempo dello Spirito. Morirà il 20 marzo 1289.

La messa del beato Giovanni Buralli,
dipinto di Atanasio da Coriano, 1778, chiesa dell’Annunciata, Parma

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