2.1.1617. I doni per l’imperatore della Cina
2 gennaio 1617 – “Venni a Parma, chiamatovi dal Duca, dal quale fui ricevuto come se fossi stato un ambasciatore del re della Cina. Un giorno ad un banchetto preparato nei pressi della città mi costrinse ad occupare sempre il primo posto di quel regale convito, mentre egli occupava il secondo posto. Egli protestava di volermi così ricevere per la sua devozione quasi fossi un ambasciatore del Celeste Impero presso il Pontefice”.
A scrivere questa lettera, il 2 gennaio del 1617, è un missionario gesuita, il belga Nicolas Trigault, che in Cina c’è stato davvero. Ora è impegnato in tour fra le capitali d’Europa per raccogliere fondi a sostegno delle missioni, per poi tornare alla corte dei Ming.
A Parma è venuto su invito esplicito del duca Ranuccio I Farnese, che attraverso Trigault vuole far arrivare un regalo particolarissimo all’imperatore Wanli, il primo ad aver ricevuto dei cristiani.
I doni del duca, scrive il gesuita, “erano piccoli in numero ma di grande valore. Avevano fatto una cassa, all’altezza di un uomo, con colonne di marmo intarsiate con pietre preziose. È meglio parlare di credenza che di cassapanca. All’interno c’è un elegantissimo organo e un clavicembalo. I cassetti della cassapanca, che sono numerosi, sono pieni di piccoli doni preziosi, di quadri, di rosari e di altre cose di questo genere”.
All’interno di questo armadio da viaggio, l’oggetto principale è un claviorgano, strumento formato da un organo (strumento a fiato) e una spinetta (strumento a corde). Nel corso del XVI secolo il claviorgano è diventato uno strumento molto apprezzato soprattutto nelle corti spagnole, come simbolo di ostentazione tecnologica e sociale.
Padre Trigault è molto sorpreso dell’interesse del duca di Parma, che gli offre anche un’importante somma di denaro per il suo viaggio di ritorno in oriente, 1.500 aurei, e insiste perché uno dei gesuiti del collegio di Parma possa unirsi alla spedizione.
Non sa padre Trigault che questo è il secondo strumento musicale che Ranuccio invia all’imperatore Wanli. Già nel 1598, Rannucio aveva affidato ad altri missionari “un regale contenuto in un piccolo scrittoio da inviare ai padri gesuiti, con l’incarico di presentarlo al re della Cina”; il regale è un piccolo organo ad una tastiera con due mantici.
Nessun saprà mai se l’interesse di Ranuccio per la Cina abbia fondamenta religiose – è molto devoto –; se sia legato ad utopiche mire politiche; se dietro i doni per il celeste imperatore ci sia la madre Maria di Portogallo, protettrice dei Gesuiti e connazionale di molti dei viaggiatori verso l’estremo oriente.
Sta di fatto che quei doni a Pechino non arriveranno mai. Il primo organetto viene utilizzato dagli stessi missionari e c’è chi ha ipotizzato che abbia accompagnato il funerale di Matteo Ricci, il più noto dei missionari in Cina. Il secondo, il claviorgano, arriva con difficoltà fino a Goa, in India, ma nel mentre in Cina sono scoppiate rivolte, così i gesuiti, autorizzati da Ranuccio, vendono il prezioso strumento per aiutare finanziariamente le missioni, come informano successive lettere sempre di Trigault.