19.11.1430. La pace fiscale del Quattrocento
19 novembre 1430 – Pace fiscale fra i contribuenti di Parma e le autorità che governano la città. Da che mondo e mondo, anche se è giusto pagarle, le tasse creano sempre malcontento. Particolarmente in questo 1430, perché coloro che hanno l’appalto della raccolta, agiscono con aggressività, confiscando beni mobili e immobili a chiunque non saldi i dazi in contanti. Ma il 19 novembre, i Maestri delle entrate mettono un freno ai poteri dei dazieri: da questo giorno, le confische dovranno essere autorizzate da un ufficio pubblico, per dar tregua ai debitori.
Nel 1430 non c’è l’Agenzia delle Entrate. Le tasse sono raccolte da privati, che hanno vinto un appalto. Di solito, l’appaltatore anticipa l’intero gettito fiscale atteso nell’anno e poi, col suo ricarico, si attiva per riscuotere le imposte su ogni contribuente e ogni merce.
I dazieri hanno esagerato. Aggressivi e impazienti, nel pretendere il loro, mettono a rischio di fallimento molte attività. Così, da diversi mesi si moltiplicano le querele e le preghiere inoltrate al duca Filippo Maria Visconti.
In un’epoca di epidemie, carestie, guerre ed inondazioni, le ragioni del fisco non possono avere la priorità. Le autorità decidono di frenare i riscossori delle imposte. Sulla carta, le tasse restano sempre le stesse, ma i meccanismi per la loro raccolta, dal 19 novembre 1430 ruotano a fatica.
Filippo Maria Visconti completerà alcuni anni più avanti la sua riforma del fisco, per una più equa e quindi più accettabile distribuzione delle tasse.