18.7.1300. Segalello, maestro di Dolcino, al rogo in Ghiaia
18 luglio 1300 – In piazza Ghiaia muore arso sul rogo Gherardo Segalello, visionario condannato per eresia, maestro di fra Dolcino. Nato vicino ad Ozzano Taro, a vent’anni Segalello chiede di essere ammesso nel convento francescano, ma è respinto per le sue umili origini e l’impossibilità di versare la dote richiesta.
Allora prova a fare il frate mendicante in proprio, andando in giro vestito come gli apostoli nei dipinti della chiesa di San Francesco. Parla molto e molto semplice e la gente lo vede come un mistico. Diventa noto anche fuori città ed inizia ad arrivare gente che vuole imitarlo.
Lui si rifiuta di costituire un ordine: ognuno segua il Vangelo come crede e per conto proprio: “Paenitentiagite, paenitentiagite!”, ripete mentre vaga per Parma vestito solo con un lenzuolo.
I suoi seguaci prendono il nome di Apostolici. In questo secolo di grande fermento religioso, le sue idee anarchiche ed il suo successo sono avvertiti come un pericolo, così prima Onorio IV e poi Niccolò V intimano a lui e ai suoi di entrare in convento. Segalello rifiuta e nel 1294 è condannato per eresia assieme ad alcuni Apostolici.
Il vescovo di Parma Obizzo Sanvitale, però, lo protegge, lo aiuta, forse ne è affascinato, o forse ha intuito che a farne un martire non ci guadagnerebbe nessuno. Ma nel 1300 Obizzo è ormai vescovo di Ravenna e Sagalello a Parma resta solo. La condanna è eseguita non appena creato vescovo Papiniano della Rovere.
Segalello muore fra le fiamme, ma i suoi epigoni non desistono. Gli Apostolici si uniscono a fra Dolcino da Novara, pure lui un apostolico, prima di fondare un proprio gruppo, i Dolciniani o Nuovi apostoli. Dolcino profetizza l’inizio di una nuova era e parla di Segalello come l’angelo di Smirne di cui si legge nel libro dell’Apocalisse.
Nel 1306, Clemente V bandisce una crociata contro i dulciniani, che vengono quasi tutti sterminati fra i monti della Val Sesia; l’ultima battaglia è combattuta sul monte Rubello il 23 marzo 1307. Resterà il mito, rielaborato in tempi recenti in opere quali Il nome della rosa di Umberto Eco o il Mistero buffo di Dario Fo.