17.5.1848. Il vescovo col nome austriaco cacciato a sassate
17 maggio 1848 – Il vescovo Neuschel viene cacciato a sassate dalla città. Da poche settimane, Parma è nelle mani di un governo provvisorio, istituito dopo moti popolari. Il duca Carlo è scappato. E agli occhi di molti, questo prelato con il nome tedesco pare un simbolo dell’oppressivo potere asburgico. Qualcuno dice che sia perfino una spia di Metternich.
Povero vescovo Janos Tamas Neuschel. Lui l’Austria non la vede da oltre 30 anni, da quando l’ha lasciata per seguire il reggimento di cui era cappellano, nell’ultima delle guerre contro Napoleone. E non è neppure tedesco, ma ungherese. Se la sua vita si è incrociata con Parma, è proprio perché parla magiaro: nel 1817 serviva un interprete per assistere una persona malata nel palazzo della Pilotta e in zona era l’unico che potesse farlo. La sua carriera parte da questa fortuita coincidenza, e si svolge lenta ma sempre in ascesa, perché è persona integerrima, energica ed organizzata, mica per chissà quali legami con Vienna: confessore di Maria Luigia, vescovo di Guastalla, poi di Borgo San Donnino e alla fine di Parma, la capitale del Ducato.
Ma vallo a spiegare ai liberali che dopo tanto darsi da fare hanno preso la città, che Neuschel – uno con un nome così tedesco – non è nemico della rivoluzione risorgimentale.
Così, nel giorno stesso in cui a Parma arriva Vincenzo Gioberti, l’ideologo dell’Italia unita sotto la guida del papa, da pochissimo ritornato da 15 anni di esilio, i liberali più accesi si radunano in piazza Duomo, distruggono le insegne episcopali e costringono il vescovo ad andarsene.
Non è la prima volta che Neuschel subisce la violenza dei risorgimentali. Nel 1831, era stato arrestato nel palazzo vescovile di Guastalla, condotto a Parma e tenuto prigioniero nell’Albergo della Posta, con l’idea di scambiarlo con alcuni prigionieri che gli austriaci tenevano a Piacenza. Pure sua nipote e due pronipoti hanno rischiato lo stesso trattamento. E nel 1847, nel primo anniversario dell’elezione di Pio IX, il Palazzo Vescovile di Parma era già stato preso a sassate una prima volta.
Sassi che tornano a volare in questo 17 maggio 1848.
Gioberti tiene un discorso in piazza. Molti di quelli che si sono radunati per ascoltarlo, muovono verso la cattedrale. Urlano e urlano: gli insulti sono tutti per Neuschel. Vattene! Vattene!, ripetono incessantemente. La folla stacca pietre dal selciato della piazza e le scaglia contro le finestre del Vescovado. Sulla facciata del duomo ci sono gli stemmi episcopali: qualcuno si arrampica sui leoni e le colonne del protiro per staccarli; cadute a terra, le insegne del vescovo vengono calpestate, spezzate e date alle fiamme. Lui, Neuschel, osserva tutto attraverso vetri in parte infranti. Finché arriva la resa: calata l’oscurità, verso le undici di sera, abbandona Parma a bordo di una carrozza, diretto a Guastalla e poi in un convento fuori Mantova.
Ecco, in questo 17 maggio 1848, Pio IX e Gioberti rappresentano una Chiesa progressista, amica dei progetti di unificazione dell’Italia. Invece in Neuschel c’è chi vede la vecchia Chiesa oscurantista, complice dei regimi della Restaurazione.
Ma a ben vedere, chi ha preso in mano i sassi scagliati contro la casa del vescovo? Chi ha spinto il popolino di Parma ad accanirsi contro Neuschel? Chi ha organizzato questa protesta tanto efficacie? Dietro a tutto, sta una fetta importante del clero di Parma. Sì, perché i veri nemici, Neuschel li ha fra i suoi stessi preti. Neuschel non ha mai fatto discorsi contro l’Unità d’Italia, piuttosto chi rimprovera spesso sono i presbiteri poco attenti al loro ministero, quelli che da anni richiama a stili di vita rigorosi e morigerati, all’impegno nelle parrocchie, a non avere capelli lunghi o abiti lussuosi. E per loro, il ‘48 è l’occasione per sbarazzarsi di questo pastore bacchettone e attento. Con la scusa che ha un cognome da tedesco, riescono a disfarsi del capo che non vogliono avere.
Ma Neuschel tornerà: già il 24 agosto, il vescovo è di nuovo nella sua sede. Gli austriaci hanno cacciato i rivoluzionari e rimesso un altro Borbone a capo del Ducato. Neuschel riprende il suo posto, perdona e sgrida tutti. Ma poi sta lontano, preferisce governare la sua diocesi soggiornando a Verona, perché sente che l’ostilità del clero non è venuta meno. E allora non potrà che andarsene di nuovo, questa volta spontaneamente, il 27 settembre 1852, dimissionario. I fatti del 17 maggio 1848 sono per lui una ferita che non si rimargina.