
17.4.1969. Il padre del volontariato internazionale
17 aprile 1969 – In Vaticano, la Congregazione dei religiosi respinge il ricorso di Vincenzo Barbieri, parmigiano, padre espulso dai Gesuiti per eccesso disobbedienza.
Corpo massiccio, barba folta, padre Barbieri insegue da sempre una vocazione che mal si concilia con tutte le forme di vita religiosa organizzata. Da ragazzo aveva fatto parte del Cenacolo dei giovani, gruppo della Diocesi di Parma per chi esprimeva il desiderio di una vita dedicata a Dio. Ma si era sentito stretto: troppo spirituali quegli incontri, per chi aveva fretta di dedicarsi completamente agli altri.
Allora Vincenzo Barbieri, nato a Baganzola nel 1931, aveva bussato alla porta di San Rocco, per entrare a far parte della Compagnia di Gesù. Più paziente, questa volta pareva aver trovato il suo posto, ricevendo anche il sacramento dell’ordine presbiterale. Ma di nuovo l’animo focoso, irriducibile ai compromessi, era riemerso.
Succede a Lione, dove era andato a studiare in vista di un suo trasferimento in Ciad. Le istanze del concilio Vaticano II – ben prima degli aneliti di rivoluzione sociale del ’68 – lo spingono a cercare soluzioni nuove. Vuole coinvolgere i laici nelle missioni religiose, fondando il 15 aprile 1965 a Milano una delle prima onlus in Italia, Coopi, e rinunciando al Ciad.
Fin qui nulla di male. Ma più passa il tempo, più il parmigiano assume posizioni radicali. Addita le troppe ingiustizie che dividono i primi dal terzo mondo. Auspica un diverso assetto economico e politico mondiale. Va alle manifestazioni contro la guerra in Vietnam.
Decisamente fuori dalla tradizione gesuitica. I suoi superiori non lo possono tollerare. Gli chiedono di moderarsi, ma insiste. Allora gli ingiungono di lasciare le attività pubbliche, di lasciare ad altri quel gruppo a Milano, ma lui oppone un rifiuto, tradendo così il voto fondamentale dell’obbedienza. La Compagnia, nel gennaio di questo 1969, lo dimissiona. E a nulla serve il suo ricorso a Roma.
Barbieri, ora scrive al papa, ma Paolo VI non gli rispondere. Prova allora a tornare a casa, a Parma, offrendosi come prete, ma neppure il vescovo Evasio Colli gli risponde, perché di preti ribelli ne ha già a sufficienza in questa stagione di rivolte del costume.
A Barbieri non resta che mettersi in proprio, rimanendo legato anima e corpo alla sua Coopi. E così, senza neppure saperlo, inventa qualcosa di nuovo. Il nostro è il pioniere della cooperazione internazionale e del volontariato dei laici. Chissà se a distanza di tempo, questo verdetto di espusione dai Gesuiti lo abbia visto come una fortuna. Di fatto, quel che ne segue è notevolissimo.
Svincolato da superiori e vescovi, l’ex padre – che non rinuncia a vestire sempre in tonaca, ora bianca, con una gran croce sul petto – dedica il resto della vita a progetti di sviluppo in angoli remoti del globo.
Nel tempo, coinvolge centinaia di laici che condividono la sua visione: nel mondo ci sono differenze inaccettabili, inconciliabili con gli insegnamenti del Vangelo; occorre opporsi sempre all’egoistica opulenza occidentale, per sostenere chi è nato nella miseria in Africa e Sud America. E lo fanno davvero. L’ex gesuita prepara i suoi volontari per missioni di almeno due anni, per realizzare progetti economici, sanitari, ambientali ed educativi.
Non si pensi a piccole cose di breve durata o artigianali, tutt’altro: con Coopi, Barbieri arriva a collaborare con i governi, interviene nelle crisi umanitarie, favorisce l’approvazioni di leggi per la cooperazione.
In 40 anni, aiuta 60 milioni di persone n 50 Paesi diversi, attraverso l’opera di 50.000 operatori.
Lui, l’omone venuto da Baganzola, visita periodicamente tutte le sue missioni, dove non operano preti o suore ma laici. Poi, però, torna sempre in Italia, a caccia di finanziamenti. Chiede e ottiene dalle istituzioni, ma anche ai singoli: si conquista il soprannome di “megafono della carità” per l’abitudine di mettersi davanti ai teatri di Milano a domandare a gran voce un euro a ciascuno spettatore che entra o esce, da destinare al sostegno di bambini che stanno dall’altra parte del mondo.
Morirà nel 2010 all’età di 79 anni, con ancora una domanda aperta: lui che è stato espulso dalla Compagnia di Gesù col consenso dei vertici della Chiesa e che la sua diocesi non ha voluto, è stato un buon prete?


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Succede il 17 di aprile:

