17.11.1658. Pirati e schiavi nella chiesa di San Vitale
17 novembre 1658 – Il vescovo Carlo Nembrini consacra l’altare maggiore della chiesa di San Vitale (in strada della Repubblica), ricostruita per intero dalla Confraternita del Suffragio, detta anche del Riscatto. Ancor oggi, chi visita con attenzione questo edificio, si troverà dentro storie di pirati, di rapimenti, di sofferenza e di generosità.
In diverse città d’Europa, a partire dal Cinquecento, si formarono gruppi di persone abbienti con lo scopo di raccogliere denaro per pagare il riscatto di marinai catturati da pirati del nord Africa e ridotti in schiavitù. Capita anche oggi che occidentali impegnati in aree particolarmente “calde” vengano rapiti e detenuti anche per anni, finché un’associazione umanitaria, spesso discretamente sostenuta da un governo, non ne paga il riscatto. Ecco, lo stesso fenomeno si verificava con assai maggior frequenza in epoca Moderna, soprattutto nel XVII e XVIII secolo.
I pirati erano musulmani che ritenevano lecito ridurre in schiavitù tutti gli “infedeli”. Li usavano per i lavori pesanti, ma soprattutto li consideravano una merce da tramutare in grosse somme di denaro contante.
Tutto questo è raccontato in una grandiosa opera barocca in stucco nella chiesa di San Vitale, creata dai fratelli Leonardo e Domenico Reti pochi anni dopo l’inaugurazione del 1658. In questa parete di bianco e di ombre, si vedono uomini con catene attorno al collo, ma anche catene strappate offerte da mani protese e altre mostrate da putti angelici. Nel cartiglio all’apice si legge: “Ut liberentur dilecti tui” (Salmo 59 (60), “Perché siano liberati i tuoi amici”).
Presso questo altare, si ritrovano i membri della Compagnia del Riscatto di Parma, che si sono solennemente impegnati a raccogliere denaro da utilizzare per periodiche liberazioni di cristiani fatti schiavi nel Mediterraneo. Una volta all’anno versano un obolo in un’apposita cassetta qui collocata, destinata alla “liberatione de’ Christiani Schiavi”.
La Compagnia di Parma, dal maggio 1645 è affiliata al Sacro ordine della Santissima Trinità del Riscatto de’ Schiavi, e della Beata Vergine del Remedio, confraternita romana votata alla liberazione degli schiavi, legata all’ordine mendicante dei Trinitari, che fin dalla fondazione nel 1198 ha fra i suoi scopi la liberazione degli schiavi in terra barbaresca e poi anche ottomana. Nella grande composizione di stucco figurano dunque anche san Giovanni de Matha e san Felice di Valois, fondatori dei Trinitari.