17.1.1604. Santino Garsi il re dei toccatori
17 gennaio 1604 – Muore Santino Garsi, dei grandi musicisti e compositori parmigiani, il meno celebrato. Come altri artisti legati a Parma – da Toscanini a Paganini a Verdi –, anche Garsi è altero e di temperamento schivo. Ma se in tempi più recenti questo aiuta a costruire auree affascinanti, a inizio Seicento è solo causa di ostracismo.
Garsi è un eccezionale musicista, ma per il suo caratteraccio, dopo morto tutti preferiscono dimenticarlo. Un’amnesia rafforzata dalla dispersione della sua musica. Garsi è riscoperto solo nei primi anni 2000, per merito di un altro virtuoso del suono: il performer Paolo Schianchi di Basilicanova, che inseguendo attraverso mezza Europa spartiti nascosti ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, è stato in grado di restituirci la memoria di un personaggio che non merita certo l’oblio.
Il coevo poeta Tommaso Stigliani lo definiva “Santino il Rè de’ Toccatori” e “Santino gran Mastro d’harmonia”. Suona il liuto, strumento a metà via fra la chitarra e l’arpa.
Nato a Parma il 22 febbraio 1542, formatosi a Roma, Garsi diventa una delle colonne della musica nel Ducato di Parma ai tempi di Ranuccio I Farnese. I Farnese si sono sempre circondati di musicisti, anche quando ancora non stavano in Emilia. Il primo duca Farnese, Pier Luigi, appena giunto istituisce una cappella di corte con cantori e strumentisti. Ma è Ranuccio il maggior mecenate della musica. E Santino un suo pupillo.
Garsi suona e insegna nel Palazzo della Pilotta dal 1° ottobre 1594 fino alla morte.
La sua musica accompagna sempre i balli a corte. Compone arie e moresche, ma soprattutto gagliarde, allegre danze saltate di ritmo ternario. Il primo a raccogliere la sua musica è Vincenzo Galilei, padre dello scienziato Galileo Galilei. Fra i suoi fan più importanti è la contessa Barbara Sanseverino, amante dell’allegria.
Da giovane, anche Santino è allegro, un uomo di grande compagnia: “il Prencipe gustava di maniera non solo della virtù sua, di sonare il liuto, ma del humore, come che era faceto e burlevole, onde lo teneva quasi tempo preso di se, e lo faceva incessantemente sonare”, racconta Ranuccio Pico, segretario del duca Odoardo, successore di Ranuccio I.
Col passare degli anni, il Garsi perde l’affabilità, si chiude in sé, assume quel carattere intrattabile che chissà perché lo accomuna ad altri musicisti di qui, perdendo ogni amico. Al punto che alla morte, in questo 17 gennaio 1604, viene sepolto nella chiesa di San Pietro martire (in piazza Garibaldi) senza neppure una lapide.