
16.7.1892. Tre uomini e una mandragora
16 luglio 1892 – Cinquanta contadini armati di forche e bastoni muovono minacciosi verso le pendici del monte Barigazzo. Vanno a caccia di tre uomini venuti a svelare i segreti della montagna: un senatore, un direttore di museo e un conte appassionato di letteratura.
I tre sono il sindaco di Parma Giovanni Mariotti, il professor Edoardo Brizio, direttore del Museo archeologico di Bologna e Vittorio Rugardi di Fornovo, venuti per studiare i resti dell’antica e perduta Città d’Ombria. Le prime tracce di questo insediamento Ligure del III secolo avanti Cristo, fortificato dai Bizantini e abitato per millecinquecento anni, erano stati rinvenuti dall’archeologo americano Alessandro Wolf nel 1861 non lontano dall’abitato di Tosca. Trentuno anni dopo, i nostri tre uomini sono venuti per cercare di scoprire l’origine dell’insediamento.
Mentre stanno là ad osservare pietre e rilievi, il cielo improvvisamente si inscurisce, poi inizia a cadere la grandine e grandina e grandina per tre ore di seguito. Sembra non voler finire mai. Un fenomeno che non capita certo di frequente, in Appennino.
La gente della Val Ceno, superstiziosa, inizia a farsi domande. Ma che succede? Perché il cielo si è a tal modo irato? Che stanno facendo i tre forestieri là sotto il Barigazzo?
A qualcuno viene in mente che le tempeste impetuose, con tanta grandine, si scatenano quando qualcuno strappa la mandragora dal terreno senza seguire i dovuti rituali. Così si dice dai tempi remoti. La mandragora, radice magica e pericolosa, nel Medioevo va sradicata solo dai cani, usando la coda: il cane va legato per la coda al ciuffo della pianta e fatto correre finché non solleva la radice dal terreno, altrimenti possono accadere eventi gravi, come questa grandine incessante di tre ore.
Sì, gli uomini di Tosca ne sono convinti: Mariotti, Brizio e Rugardi devono aver svegliato una mandragora. Sono dei maghi! Sono degli stregoni pericolosi! E allora addosso! Vai col forcone, a far loro la pelle!
È lo stesso Rugardi a raccontare l’episodio:
“Poiché la superstizione vuole dare ragione di ciò che accade, prima causa della rovina dovevamo essere noi tre, che, saliti ad Ombria, smaniosi di scavarne ed asportarne i tesori, avevamo cercato e trovato la mandragora. Noi, con le nostre malie avevamo causato il turbamento nell’aria che con grandine e raffiche impetuose aveva distrutto ogni raccolto. La collera non ebbe più freno: dovevansi punire i tre parmigiani causa della rovina; dovevansi con un castigo, togliere per sempre a tutti la matta voglia di sradicare la mandragora e di scavare i tesori d’Ombria. E così cinquanta montanari (lo sa Dio se son nerboruti) armati di forche, di bidenti e di falci, corsero all’attacco di Ombria per punire i maghi”.
Poiché Rugardi lo racconta, già si capisce che i contadini i tre non li hanno trovati. Questi, infatti, sferzati dalle palle di ghiaccio che cadevano dall’alto, se ne erano scappati verso il Castellaro, salvandosi.
Si salvano però anche i segreti di Città d’Ombria, che tuttoggi non trova gli studiosi concorsi sulla sua origine e storia.


