16.12.1976. I 90 anni col pennello di Amedeo Bocchi
16 dicembre 1976 – Muore il pittore Amedeo Bocchi, che lascia sul cavalletto la tela dell’incompiuto “Il giardiniere”, un uomo dal volto anziano ma il fisico forte, con viso e braccia verdi come il parco attorno e pantaloni e maglia marroni e viola come i tronchi dell’albero che gli sta vicino.
Dipinge suppergiù da 90 anni, Amedeo Bocchi, da quando da bambino il padre Federico gli ha messo in mano il primo pennello. La vita gli ha dato molto e gli ha preso molto. L’unica costante è lei: l’arte, motivo di incessante ricerca, di amplia produzione, consolazione di tutti i dolori.
Bocchi è un artista di successo, apprezzato fin da quando studiava all’istituto di belle arti di Parma e prendeva sempre dieci. E continua ad essere apprezzato anche dopo la morte. Forse il miglior pittore parmigiano del Novecento.
La pittura la assaggia in tutte le ricette. Disegno del nudo, appreso a Roma; affresco, imparato a Padova; pittura che è denuncia sociale, ispirata dalla frequentazione della gente contadina delle paludi Pontine; doratore, tecnica fatta sua per la ricostruzione della Camera d’oro del castello di Torrechiara; neoimpressionista, simbolista, liberty colpito da Gustav Klimt, del quale, alla fine, più che tecniche o stile, gli resta il gusto per la raffinatezza, per l’eleganza. Fino agli ultimi anni, quando Bocchi sperimenta come un ragazzo, attratto dalle possibilità dei nuovi colori acrilici e acidi, ma senza farsi influenzare dalla pop art.
Sempre aperto al mondo, i capolavori Bocchi li realizza però guardando al privato e all’intimo, alla sua famiglia, con una serie di ritratti femminili che esprimono leggerezza e buon gusto, lirismo e nostalgia.
Già, la famiglia. Non è fortunato, Amedeo Bocchi, in fatto di famiglia. La prima moglie, la parmigiana Rita Boraschi, compagna all’Istituto d’arte, muore tre anni dopo il matrimonio, lasciandogli una figlioletta di un anno e mezzo, Bianca. Anche la seconda moglie, la laziale Niccolina Toppi, lo lascia vedovo a quattro anni dalle nozze. La figlia Bianca muore a 26 anni nel 1934.
Ma loro restano, restano sulla tela, restano nei sorrisi accennati, nei contorni incerti, negli sguardi mai diretti, nelle pose abbandonate, nei colori tenui degli abiti. Un’immortalità che solo un grande pittore sa dare a ciò che davvero ama.