16.11.1741. È nato un poeta: Angelo Mazza
16 novembre 1741 – Nasce a Parma al 93 di strada San Michele (via della Repubblica) il poeta Angelo Mazza, accademico d’arcadia in ritardo, romantico in anticipo, letterato che sfrutta la polemica per guadagnare attenzione, filosofo dell’armonia del cosmo e della società, innamorato della poesia inglese, che traduce e quando serve copia.
Dopo aver studiato a Reggio e Padova, potrebbe assumere ruoli da educatore in Svizzera o in Portogallo, ma preferisce tornare nella sua patria, ricoprendo incarichi accademici di livello, fondando il primo liceo in età napoleonica e riaprendo l’Università nella Restaurazione.
A Parma, Angelo Mazza probabilmente è tornato anche per questioni di cuore. Un rivale in amore – e concorrente poeta – una notte lo fa bastonare per strada. Non creduto, è lui a finire in carcere per due mesi e doversi allontanare ancora da Parma per quasi un anno. Ma chi sia l’amata non è dato sapersi: Mazza stesso, da anziano, brucerà tutti i suoi versi amorosi giovanili, mai diffusi.
Ma di composizioni ne restano comunque tantissime, fra sonetti, odi, egloghe, dal 1772 firmate Armonide Elideo, il suo nome da arcade. Alcuni sono dedicati a miti antichi, molti alla musica, certuni ai potenti del tempo, diversi alla concezione del mondo secondo Angelo Mazza, un platonismo a modo suo, che nella poesia vede la chiave per trovare il significato della vita, l’ordine dell’universo; e non mancano versi che descrivono episodi personali.
Fra gli endecasillabi e le rime alternate, qui e là emergono sperimentazioni, come giochi di parole o l’uso di termini che di primo acchito di poetico hanno poco (“sugo di collirio”, “poetastro”, “babbuasso”, “perdio son cose da pelarti vivo”, che rima con “intellettivo”, …).
Mazza muore l’11 maggio 1817, a 76 anni. L’età anziana l’ha salutata con il sonetto “L’anno settantesimo”:
Sorrisi all’altro, or ha due lustri, e fronte
tenne a le sei che ’l componean decine:
tu sopravvieni minaccevol d’onte
piú gravi e carco di piú fredde brine.
L’occhio men ampio né qual pria sí pronte
vibra scintille, e piú che mischio è ’l crine;
e men vivo il vital purpureo fonte
di sua vena men lungi annunzia il fine.
Ma se l’antico irresistibil foco
m’arde ancor l’alma, e spaziar pei regni
vasti di fantasia mi sembra un gioco,
forse ai carmi mercé, di viver degni,
consentirammi eternitade un loco
tra ’l numer breve de’ divini ingegni.