Medioevo,  Politica

15.6.835. La regina Cunegonda e le prime monache in città

15 giugno 835 – L’ex regina Cunegonda consegna tutti i suoi beni ai monasteri femminili di San Bartolomeo e di Sant’Alessandro, da lei stessa fondati nel centro di Parma.

Vedova del re d’Italia Bernardo, Cunegonda di Laon teme che il nuovo re Lotario possa impossessarsi del patrimonio di famiglia. Per metterlo al sicuro, lo dona alle monache, pur riservando per sé e poi per suo figlio Pipino e per tutti i discendenti che verranno, l’usufrutto di quanto ceduto.

Cunegonda dona monasteri, terre, corti, case sparsi nel parmense, nel reggiano e nel modenese. I monasteri sono stati fondati di recente, forse proprio in vista di questo passaggio di beni. Ma anche per la salvezza dell’anima del defunto Bernardo e di quella di Pipino, perché non si sa mai. Cunegonda lo scrive di suo pugno (sa scrivere) nell’atto di passaggio: “pro mercedem et remedium anime”.

Nell’835, San Bartolomeo e Sant’Alessandro (che in origine è dedicato anche a Maria) sono un complesso fortificato a guardia dell’unico ponte in pietra costruito sul torrente Parma. Per la loro creazione, Cunegonda è riuscita a far arrivare a Parma da Roma reliquie importanti, quelle della santa martire Sabina, collocate in San Bartolomeo. Papa Gregorio IV ha acconsentito alla traslazione grazie all’intercessione del fratello della regina vedova, il vescovo di Piacenza Podone.

La donazione è così importante che fra i testimoni della consegna ci sono anche il conte di Parma Adalgiso ed il vescovo Lamberto. Probabilmente, quelli di Cunegonda sono i primi monasteri a Parma. Ne verranno eretti molti altri e cambieranno la storia ed il volto della città.

Porta della chiesa di San Bartolomeo di Parma, dettaglio del cartiglio che ricorda la presenza delle reliquie di santa Sabina, portate dalla regina Cunegonda: "Hic iacet corpus s. Sabin<a>e mar<tire>"
Porta della chiesa di San Bartolomeo di Parma, dettaglio del cartiglio che ricorda la presenza delle reliquie di santa Sabina, portate dalla regina Cunegonda: “Hic iacet corpus s. Sabin<a>e mar<tire>”

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