14.4.1597. Piante e fiori in dono dal grande botanico Aldrovandi
14 aprile 1597 – Il grande botanico bolognese Ulisse Aldrovandi ha completato l’elenco delle piante donate a Ranuccio I Farnese per fondare l’orto botanico di Parma.
Tramite il medico e matematico Giovanni Battista Balestri, allievo di Aldrovandi, la corte parmigiana è riuscita ad ottenere la collaborazione del più grande naturalista del Rinascimento. Ranuccio vuole rilanciare l’Università, anche dotando la facolta di Medicina di un orto dei semplici (nel Cinquecento, la medicina è ancora all’80% erboristeria). Per realizzare il desiderio del duca, Aldrovandi manda a Parma un suo collaboratore, il belga Enrico Verlario, che già nel 1595 ha un incarico ufficiale per piantare l’orto, col titolo di prefetto.
La sede è accanto a Palazzo Cusani, diventato Palazzo degli Studi. Oltre alle essenze e agli arbusti venuti da Bologna, vengono acquistate piante o semi e bulbi a Firenze e in Olanda. Inoltre, Verlario compie un’ispezione nel parmense, fin su al Lago Santo “che è sul Parmeggiano nella Contea sopra Corniglio”, in cerca di quelle piante officinali che la saggezza popolare da sempre utilizza per curare i malanni.
Va così che il dono delle piante da Bologna può essere ricambiato. L’8 marzo 1598, Aldrovandi completa un secondo elenco, coi nomi “plantarum cum radicibus” inviategli da Parma. E poi scrive anche un’ulteriore lista con le piante rare che sono nell’orto del Duca di Parma e che desidera avere.
Parma si ritrova così a possedere il primo orto botanico esterno ai monasteri, votato dunque allo studio secondo i nuovi metodi del tempo. Ma anche a partecipare alla scoperta del mondo, alla lettura del grande libro della natura che è il motore di tutte le novità dell’Epoca moderna.
Dopo Verlario, che si occupa di ricercare erbe rare anche a Roma e in Belgio, il “semplicista” di Parma diventa Evangelista Quattrami e quindi il medico ed anatomista Pompilio Tagliaferri, parmigiano.
L’orto piantato sul finire del Cinquecento non esiste più. In quel luogo sono state costruite celle carcerarie ed oggi versa nel più completo abbandono. L’orto, nel 1770 è stato invece rifondato in fondo all’attuale via Farini, dove ancora resta.