Età contemporanea,  Ritratti

14.3.1938. Il vero don Camillo arrestato per la pace

14 marzo 1938 – Muore all’età di 67 anni don Lamberto Torricelli, il vero don Camillo. Proprio a lui, che aveva conosciuto come parroco di Marore, si è infatti ispirato Giovannino Guareschi per delineare il suo personaggio più famoso. Guareschi ha raccontato che da don Lamberto, don Camillo ha preso le mani grosse, i modi ruvidi e la bonarietà di fondo.

Ma più ancora che il suo apporto indiretto alla letteratura, don Lamberto Torricelli è ricordato per quel che ha realmente fatto in vita.

A inizio secolo, a Fontevivo fonda una delle prime associazioni giovanili cattoliche. A Vigolone di Calestano ricostruisce la chiesa. Promuove le cucine gratuite per gli anziani poveri. Partecipa ai soccorsi a Reggio Calabria dopo il terribile terremoto di Messina del 1908, dove scopre – già giunto sul posto – che il sisma ha ucciso pure suo fratello Giovanni, sepolto sotto le macerie a Villa San Giovanni. È un grande promotore dell’innovazione in agricoltura, personalmente impegnato nella gelsicoltura.

Ma di tante cose fatte, la più memorabile è probabilmente la sua attività da editore. Don Lamberto pubblica il primo giornale nella diocesi di Parma, La Voce del Pastore, fondato nel 1910, con ben 9 anni di anticipo sull’organo ufficiale della Chiesa parmense, il settimanale Vita Nuova (oggi inserto domenicale di Avvenire). La Voce del Pastore è composto inizialmente nella parrocchia di Basilicagoiano e distribuito nell’intera provincia, arrivando ad una tiratura di 13.500 copie. Don Torricelli dirige il suo foglio fino alla morte e per esso finisce perfino in carcere!

Succede che il 1° agosto 1917, dopo tre anni di guerra mondiale, papa Benedetto XV diffonde un messaggio invitando tutti alla pace e definendo lo scontro una “inutile strage”. Don Lamberto stampa allora un numero speciale del suo giornale, un opuscolo di quattro pagine intitolato Il Papa della pace, con la foto del pontefice in copertina e dentro l’appello alla fine delle ostilità. La censura dichiara subito illegale la pubblicazione. Don Lamberto, però, non demorde. Anzi, allega la dispensa a libri che regolarmente invia a soldati al fronte.

La cosa non passa inosservata: nei primi giorni di gennaio 1917 sono arrestati come disfattisti il parroco, l’editore Gian Battista Buffetti e il tipografo Giulio Soncini della tipografia Sant’Agostino.

I tre restano nel carcere di San Francesco per 108 giorni. Il processo si tiene a Piacenza, di fronte ad una corte militare. L’accusa è di tradimento. Con i tre arrestati, sono imputati altri tre tipografi: Salvatore Spigardi della Sant’Agostino e Giulio Allessandri e Severino Amadasi de La Bodoniana.

L’accusa sostiene che sotto la direzione di don Lamberto, fin da giugno – prima ancora del messaggio del papa – si sia “esercitata una subdola e sistematica propaganda contro la guerra” e per questo chiede sei anni di reclusione per il prete e per l’editore. Ma i giudici riconoscono che non vi fosse intenzione di tradire e mancano le copie degli articoli incriminati. Quindi vanno tutti assolti. Il pubblico ministero appella la sentenza, ma alla fine l’assoluzione viene confermata.

Dopo la guerra, don Lamberto Torricelli viene chiamato a benedire due monumenti agli eroi delle trincee, a Roccabianca nel 1921 e a Marore nel 1926. Durante la prima cerimonia resta “in religioso silenzio”. Nella seconda, tiene invece un lungo discorso su Caio Rastelli, anche lui un martire, ma di causa ben diversa dalla guerra: Rastelli è morto missionario.

Don Lamberto Torricelli
Don Lamberto Torricelli

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