14.2.1449. Finisce la libera Repubblica di Parma
14 febbraio 1449 – Termina dopo 18 mesi esatti di libertà, l’esperienza della Repubblica di Parma, effimero tentativo della città di smarcarsi da qualsiasi signoria, come era stato al tempo del libero Comune.
In questo giorno, il consiglio generale del Comune promette obbedienza a Francesco Sforza, facendo mettere a verbale da un notaio la decisione. Due giorni dopo, a Reggio Emilia gli emissari del conte accettano la sottomissione e Francesco stesso ratifica l’atto il 23 febbraio.
La Repubblica di Parma nasce nel giorno di Ferragosto del 1447. Era appena morto Filippo Maria Visconti, signore di Milano e di mezzo nord Italia, senza eredi diretti. I milanesi, che temono di finire sotto il controllo di uno straniero, ne approfittano e proclamano subito la Repubblica.
Parma segue a ruota.
Alla notizia della morte del duca, il consiglio degli anziani e tutto il popolo discutono a lungo su cosa fare. Alla fine scelgono la via della Repubblica. Il 15 agosto 1447, profittando delle celebrazioni per l’Assunta, Parma proclama la sua autonoma. Il giorno dopo manda emissari a Borgo San Donnino, che ha preso la stessa risoluzione, per stringere alleanza. Il 29 agosto gli ambasciatori sono a Milano, anche qui per stringere un accordo politico, economico e militare, formalizzato il 2 ottobre.
Perfino l’imperatore Federico III d’Asburgo approva la novità e lo comunica alla città emiliana.
Parma elegge un nuovo organo di governo, composto da otto persone col titolo di Difensori della libertà, poi passati a 12, quattro per ogni porta. Questi sono coadiuvati da altre 24 persone, rappresentanti del consiglio stesso, dei mercati e delle varie arti di mestieri. Inoltre, il consiglio generale del Comune viene esteso da 100 a 220 membri, per favorire maggior partecipazione al popolo.
Il nuovo ordine rilancia l’Università, riapre la zecca, crea il magistrato dei Censori per evitare abusi nella gestione degli incarichi pubblici, ma anche per indurre tutti ad una “onesta vita”, vieta il gioco dei dadi e approva norme protezionistiche a favore dell’industria locale della lana.
Ma non sono giorni facili, tutt’altro. Molte forze interne ed esterne remano contro. Il vuoto creato dalla divisione del Ducato di Milano attira molti uomini forti, che vorrebbero prendersi il potere che era stato dei Visconti, o anche solo allargare i propri domini.
Attorno a Parma si muovono le milizie di Venezia, che più volte risalgono il Po e tentano sortite nelle campagne. Alfonso d’Aragona rivendica Milano e si appoggia ad Alberto Pio da Carpi, che vorrebbe Parma. I Sanvitale e Niccolò Terzi tramano per dare Parma a Lionello d’Este. Terzi organizza una congiura, ma viene scoperto e tutti i suoi finiscono al confino. Va così anche al nobile Atanagio Ferrari, parmigiano, che vorrebbe imporre la propria signoria. Poi ci sono i Rossi e Correggio, che profittano del momento per mettere le mani su qualche castello e contrada. Pure nella Chiesa deve esserci qualche congiura, se nel marzo 1448 il vescovo ordina di incarcerare quei preti che si scoprano in qualche modo ad agire contro la Repubblica.
A tutto questo, Parma risponde con le alleanze, rinforzando le mura e le porte e assumendo compagnie di soldati, quella di Taliano Furlaro e quella di Carlo da Campobasso.
A Milano, intanto, la situazione è del tutto analoga e pure là non possono che mettersi in mano ad un forte capitano di ventura. Scelgono Francesco Sforza, che conseguite una serie di vittorie, capisce di poter approfittare della situazione per guadagnare molto. Lo Sforza, da difensore, diventa il vero nemico delle nuove Repubbliche, sia quella Ambrosiana che quelle di Parma e Borgo San Donnino.
Francesco Sforza è nei pressi di Parma già nell’agosto 1447, accampato prima sull’Enza, poi sul Taro a San Secondo, quindi a Polesine, ma mira a Piacenza, che si è alleata con Venezia, e lascia in pace i parmigiani.
Il suo esercito, guidato dal fratello Alessandro, torna nel dicembre 1448, e stavolta vuole proprio Parma.
Il 28 dicembre Alessandro varca il Po e si ferma a San Secondo, accolto dai Rossi, poi a Felino in casa dei Sanvitale, e qui prepara l’assedio di Parma. Il 16 gennaio, a Collecchio, le due parti si scontrano e i parmigiani sono sbaragliati. Lo Sforza attende qualche giorno, poi manda ambasciatori a domandare la sottomissione. Il 1° febbraio la chiede a Borgo San Donnino, che il 6 decide di capitolare; l’11 il Borgo offre la signoria allo Sforza e il 14 è formalmente accettata.
Parma, rimasta sola, non può che fare altrettanto. In questo 14 febbraio, rinuncia alla libertà.