13.3.1492. Bestemmiatori alla gogna
13 marzo 1492 – Il consiglio degli anziani di Parma processa Ilario detto “il frate”, dipendente del Comune con qualifica di corriere. Cosa ha fatto? Ha bestemmiato, reato duramente punito.
Ilario rischia una multa, l’esilio e una condanna corporale. Un recente decreto di Ludovico il Moro, infatti ha stabilito pene precise e severe contro le imprecazioni. Per ogni bestemmia, Ilario dovrà pagare 5 fiorini e restare incatenato per un giorno in piazza, esposto al pubblico ludibrio, per poi essere bandito dalla città per un mese.
Il Moro teme molto le offese contro Dio, pensa che chi indulge in questo vizio sia “provocatore di tanti flagelli scagliati dall’ira divina sugli uomini”. Per questo ha proibito di “bestemmiare, maledire, vituperosamente nominare” Dio, la Madonna o i santi. Il decreto con le pene per i trasgressori è stato letto a Parma dai suoi araldi il 22 gennaio.
La proibizione vale tanto in luogo pubblico che privato. Per i ricchi, la multa è doppia: 10 fiorini per ciascun improperio contro il cielo. Altre pene puniranno chi dovesse profanare immagini di santi sporcandole o anche solo colpendole: il colpevole perderà la mano destra, la sinistra se è un mancino, e in casi gravi il duca può comminare fino alla pena di morte.
E dunque, che accade ad Ilario detto “il frate”?
Al processo interviene suo padre Giannantonio, che si getta in ginocchio di fronte al consiglio degli anziani e al podestà ed implora pietà. Il vecchio uomo consegna la lettera di un sacerdote, tal Cristoforo Baroni, che confida di aver assolto in confessione l’imputato, che si era rivolto a lui con spirito di pentimento e contrizione.
I giudici dell’anzianato si commuovono: per stavolta, Ilario è salvo. Poveri padri, in cielo e in terra.