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13.10.1756. La ruota del Lotto premia le zitelle

13 ottobre 1756 – Nasce la ruota del Lotto di Parma. E non si scommette solo sui numeri, ma sui nomi di zitelle candidate ad essere estratte per ricevere una dote.

Una grida proclamata ai quattro venti in questo giorno spiega che non si potrà più giocare al Lotto se non nella versione ufficiale dello Stato, secondo un regolamento pronto già dal 3 luglio 1753. Fino a questo momento, erano diversi a possedere licenze per organizzare il lotto, vendute almeno dal 1701. Ma da questo autunno 1756, quelle licenze sono tutte revocate. Viene proibito anche di partecipare a lotterie estere. C’è un solo nuovo concessionario, il signor Michele Patè, che organizza il gioco secondo un sistema inventato pare a Venezia detto dei “seminari”.

Con i soldi raccolti, non solo si pagheranno le vincite, ma anche le doti di 40 ragazze nubili di povera famiglia, assolutamente necessarie per sperare in un buon matrimonio. “Si formerà una lista, contenente i nomi di novanta Zitelle, sui quali verrà estratta la detta Lotteria”; 40 di queste riceveranno nel corso dell’anno una dote di 100 lire. Così, a vincere saranno sia gli scommettitori fortunati, che alcune delle giovani donne in lista. Una patina di carità su un gioco d’azzardo.

Questo sistema resterà in uso a Parma per circa un secolo, fino alla nascita dell’Italia, interrotto solo nel periodo napoleonico, quando le autorità imposero di giocare esclusivamente alla Lotteria Francese; il lotto verrà ristabilito il 22 aprile 1814, appena cacciati gli imperiali.

Oltre che sulle estrazioni fatte a Parma, si gioca sulle ruote di Roma, Milano, Genova e Venezia. Per stimolare le scommesse, nel 1756 le vincite con l’ambo sono alzate del dieci per cento e quelle con il terno dell’ottanta.

Chi è questo signor Patè signore del Lotto nel Ducato? In realtà è solo un cuoco che fa da prestanome ad una compagnia di azionisti francesi organizzata da un certo Bleger D’Estienne. Patè è un fedelissimo del ministro Du Tillot (abitano nello stesso palazzo, assieme ad altri 14 uomini, solo uno con moglie).

L’8 settembre 1756, su consiglio di Du Tillot, il duca Filippo ha firmato l’atto che assegna a Patè la “ferma generale” del Ducato, cioè il diritto a riscuotere ogni tipo di provento pubblico, in cambio di un canone annuale di 5.427.722 lire. Fra i vari introiti ci sono anche quelli del gioco del lotto.

Nonostante l’espediente delle doti alle zitelle – come ha raccontato lo storico Umberto Benassi –

questo Paté, cuoco dell’ambasciatore di Francia qui residente, è rimasto per molto tempo tristemente famoso nella nostra città per le angherie, le molestie, i soprusi che durante quell’appalto vennero commessi“.

Proprio attorno a questo 1756, il poeta Carlo Innocenzo Frugoni dedicò al marchese di Felino, cioè a Du Tillot, alcuni versi canzonatori attinenti la vera natura di ogni gioco d’azzardo:

Evvi un gioco detto il Lotto

Ch’è di Numeri novanta,

Dove ognor più d’un merlotto

Vi si attrappa, e vi si spianta”.

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