12.7.1623. Stop ai farmaci selvaggi
12 luglio 1623 – Il governo di Parma emana le prime norme per i farmacisti. Da oggi è vietato vendere veleni senza ricetta medica. Solimato, arsenico, risigallo, precipitato, argento vivo… potranno essere acquistati solo se prescritti dal dottore. Evidentemente, in città ci sono speziali che commerciano sostanze non per guarire, ma per uccidere…
Che a Parma vi siano stati speziali particolarmente affascinati dai veleni, in secoli di alchimia, è cosa certa. È arrivata fino a noi memoria del farmacista Paolo Querni, che faceva esperimenti con veleno di vipera sui cani, saggiandone la resistenza. Concluse che il veleno fa sempre effetto se somministrato fresco, mentre non uccide quando somministrato secco, quindi va iscritto fra le sostanze volatili (spirituosum) e va ipotizzato che sia prodotto dalla cistifellea e che da qui, attraverso due condotti, arrivi fino ai canini della vipera.
Quello del 1623 è il primo regolamento pubblico per i farmacisti. Oltre ai limiti alla vendita dei veleni, è vietato anche lo smercio di medicine solutive e oppiate. È imposto il riposo domenicale agli speziali. È prescritta l’adozione dell’Antidotario di Girolamo Calestani – autore di una farmacopea pubblicata nel 1575 –, con obbligo di tenerne una copia in ogni laboratorio galenico. Per permettere controlli, i vasi dovranno avere un’etichetta con indicato il contenuto e il Collegio dei Medici deve vigilare sulla corretta taratura di bilance e pesi usati nelle spezierie. L’apprendistato dello speziale è fissato in sei anni.
Infine, il regolamento cerca di aiutare gli speziali di Parma con norme protezionistiche: dal 1623 è imposto il divieto di importare da Venezia e da altre località i farmaci prodotti anche a Parma, in particolare i più costosi, come la teriaca, il mitridato, la giacintina e l’alchermes. Per esser certi che questi complessi preparati siano buoni come quelli esteri, saranno da produrre sempre in presenza di un medico.