
12.4.1989. Traffico di squali al mercurio dal Giappone
12 aprile 1989 – Un traffico di squali pescati in Giappone e contaminati da mercurio coinvolge la maggiore imprese del parmense del settore ittico.
Un camion frigorifero partito dalla Bretagna e appena uscito dal traforo del monte Bianco viene fermato dalla Guardia di Finanza per un controllo. I documenti di carico parlano di 21,8 tonnellate di seppie destinate ad un’impresa di Parma. Ma dietro le prime casse con i molluschi, spuntano sacchi di juta marchiati “Japan“. Cosa c’è dentro? Squali fatti a pezzi.
Il commercio dello squalo, nonostante numerosi inviti di associazioni animaliste a proteggere questi dinosauri dei mari, non è vietato. Ma di gente che metterebbe volentieri lo squalo nel piatto se ne incontra poca. Chi lo vende, fa passare gli squali per altri pesci.
Quelli congelati su questo tir, poi, hanno un problema notevole: contengono mercurio con concentrazioni di tre volte il limite massimo di protezione della salute umana. Gli squali, come tutti i grossi pesci, accumulano in grandi quantitià le sostanze tossiche presenti nell’acqua in cui vivono. Gli squali scoperti dai finanzieri vengono da mari giapponesi molto inquinati, così tanto che nel Paese asiatico non li hanno voluti; più comodo esportarli in Italia e metterli sul mercato camuffati.
Sul camion fermato di squalo al mercurio ce n’è per 10 tonnellate, metà del carico.
La scoperta spinge a maggiori controlli. Dell’ispezione presso la ditta del parmense, gli inquirenti non riferiscono nulla. Ma passa solo un mese e viene fermato un secondo camion carico di squali contaminati, sempre nascosti dietro le seppie, sempre in sacchi giapponesi, sempre caricati in Bretagna, stavolta diretti ad un’industria di Brescia; tre tonnellate. Passano alcuni altri mesi, ed ecco il terzo camion, carico identico ai precedenti: seppie, squali, mercurio, Bretagna, questo in viaggio verso Milano; otto tonnellate.
Le indagini non portano a scoperte particolari e il caso si chiude col sequestro dei carichi clandestini. Ma di certo non finisce lì.
Anche se in nessun supermercato si trova squalo congelato, dai dati sull’export internazionale l’Italia risulta ancora negli anni Venti del 2000 il terzo Paese al mondo per consumo di questo pesce, spesso portatore di sostanze tossiche. Come diceva il “difensore civico” Antonio Lubrano, la domanda sorge spontanea: in che modo potrebbe essere venduto? Perché lo si venderà spacciandolo per quel che non è? Come faranno le imprese che lo trattano ad acquistarlo senza che ne resti traccia sui documenti, che se no poi dovrebbero anche dire che cosa ne hanno fatto?

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Succede il 12 di aprile:

