12.4.1758. Un filosofo illuminista educa il più bigotto dei sovrani
12 aprile 1758 – Giunge a Parma il filosofo Étienne Bonnot de Condillac, assunto come precettore di Ferdinando di Borbone, figlio del duca Filippo e di Luisa Elisabetta. Proprio lei aveva scelto Condillac come educatore. Condillac è un prete, ma senza vocazione, tanto che pare che nell’intera vita abbia presieduto alla messa una volta solamente. Condillac è piuttosto un illuminista, allievo di Rousseau, amico di Voltaire, autore di alcune voci dell’Encyclopedie di Diderot e D’Alembert, con una propria teoria della conoscenza che fa a pugni con il catechismo.
Nel 1757, Condillac è stato chiamato a Parma proprio perché illuminista, perché la duchessa preferisce il nuovo pensiero che viene da Parigi a quello dei gesuiti, che fino a questo momento hanno avuto il monopolio dell’educazione a Parma; prima di Condillac, precettore di Ferdinando è il gesuita Fumeron.
Ma paradossalmente, il giovane Ferdinando di Borbone cresce con una visione del mondo opposta a quella che Condillac poteva trasmettergli. Pur avendo un illuminista come maestro per dieci anni, Ferdinando è il più religioso di tutti i sovrani che Parma abbia mai avuto. Il più profondamente legato agli aspetti esteriori e devozionali della religione, sforando spesso nella superstizione.
Condillac non celebra messa nonostante sia un prete? Ferdinando modifica gli arredi del suo studio perché paia di stare in una chiesa, con tavoli come altari e statue di santi, pur essendo un principe. Condillac è un materialista, un pensatore che nei suoi testi trascura ogni aspetto spirituale dell’uomo? Ferdinando è un frate mancato (voleva farsi domenicano), con l’hobby di costruire rosari con la cera e con i chicchi di grano e la passione di accendere candele.
Insomma, coppia più strana di questa non potrebbe darsi. Meno illuminista di così, Ferdinando non poteva essere.
Condillac lascerà Parma il 9 marzo 1767, quando l’amore per l’illuminismo nella città ducale è finito e si torna all’antico. Dei nove anni di lezioni al suo refrattario alunno, il filosofo farà un’opera scritta in 13 volumi, ma a Parma ormai sono più i critici che gli ammiratori, al punto che per poter pubblicare il Cours d’etude pour l’instruction du prince de Parme, Giambattista Bodoni deve scegliere una data e un luogo di stampa falsi.