Cronaca,  Età contemporanea

12.3.1944. Assalto al treno

12 marzo 1944 – A Valmozzola Stazione sosta un treno carico di giovani della Lunigiana arrestati perché si rifiutano di combattere con i repubblichini. C’è qualcuno che li aspetta, un gruppo di partigiani della Brigata Garibaldi, forse in 50, decisi a liberare quei ragazzi.

Non hanno paura dei militari della X Mas e dei tedeschi che scortano i prigionieri. I partigiani accerchiano i vagoni, mitra alla mano, e intimano ai fascisti di arrendersi. Ma qualcuno fra i soldati reagisce sparando. Lo scontro è duro. Hanno la peggio quelli della RSI. Il comandante della banda partigiana, Mario Betti, colpito in pieno, spira sul colpo. Ma con lui muoiono anche due ufficiali della X Mas e un loro sottoposto; un altro, ferito gravemente, trapassa la sera dopo in ospedale.

I sopravvissuti si arrendono. Gettano le armi e gridano di smettere di sparare. I prigionieri del treno vengono liberati. Qualcuno cercherà di valicare l’Appennino per tornare a casa, altri si uniscono alla Resistenza in attesa di tempi migliori.

Dei sopravvissuti fascisti, qualcuno scappa, compresi quattro feriti, altri sono fatti prigionieri e portati in un luogo nascosto. Poche ore dopo, sei di questi vengono fucilati, per motivi e in circostanze che nessuno saprà mai.

La notizia dell’assalto al treno colpisce profondamente i caporioni che stanno in città, così come il ritrovamento dei corpi dei morti. Dieci bare sono fatte sfilare per il centro di Parma. E subito viene organizzata la rappresaglia, la prima della guerra civile nel parmense.

La X Mas va al carcere di Pontremoli e preleva nove uomini detenuti per motivi politici; due sono russi fuggiti in Italia dopo aver disertato nell’Armata Rossa. Li portano proprio là a Stazione di Valmozzola e li freddano contro un muro. Prima che il plotone spari, le vittime scongiurano i loro aguzzini di lasciare andare il più piccolo fra loro, un ragazzino che giurano non aver nulla a che fare con la Resistenza. Il comandante della X Mas all’ultimo istante lascia andare Mario Galeazzi.

Per gli altri, invece, è finita. Il battaglione Lupo li ammazza con proiettili alla schiena. I soldati raccontano di averli uccisi durante l’assalto al treno, che sono tutti del gruppo partigiano venuto a liberare i renitenti, ma non è vero. Poi preferiscono cambiare versione e diffondono un volantino che rivendica la strage. Gli uomini fucilati nella rappresaglia sono Gino Parenti, Nino Gerini, Angelo Trogu, Gino Gerini, Ubaldo Chierasco, Domenico Mosti, Giuseppe Tendola, Michele Tartufian e Vassili Belacoski tutti di età compresa fra i 17 e i 30 anni.

L’assalto al treno del 12 marzo 1944 non solo dà il via alle rappresaglie nazi-fasciste, ma spinge la Wehrmacht a prendere sul serio il ruolo dei partigiani in Appennino, spingendoli ad azioni di repressione sempre più feroci.

Monumento a Valmozzola Stazione in ricordo della strage

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Succede il 12 di marzo:

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