Cultura & Società,  Età contemporanea

11.4.1988. Bernardo Bertolucci sbanca Hollywood: 9 Oscar

11 aprile 1988 – A Los Angeles, allo Shrine Civic Auditorium, il mondo di Hollywood incorona Bernardo Bertolucci, riconoscendo nove premi Oscar al suo L’ultimo imperatore, colossal da 20.000 comparse, racconto intimista della vita di Pu Yi e della travagliata storia della Cina fra l’epoca del colonialismo e quella del comunismo di Mao.

Bertolucci vince l’Oscar alla regia, l’unico italiano ad averlo mai ricevuto. Porta a casa anche Miglior film, Sceneggiatura non originale, Fotografia, Scenografia, Costumi, Montaggio, Sonoro, Colonna sonora: vince tutte le categorie in cui è candidato.

Nel 1987, nei cinema sono molte le pellicole che conquistano gli spettatori: Attrazione fatale, Good Morning Vietnam, Gli intoccabili, Le streghe di Eastwick, Full Metal Jacket, Dirty Dancing, L’impero del sole di Steven Spielberg, RoboCop, Arma letale… Ma Bertolucci li batte tutti.

Il regista parmigiano ha sempre amato Hollywood, più di quanto Hollywood non volesse mostrare di amare lui. Per i sui film è andato spesso in cerca di star americane, dirigendo Marlon Brando, portando a Parma Robert De Niro e Burt Lancaster. Ma prima de L’ultimo imperatore i suoi film sono troppo europei per gli standard statunitensi, lui che è nato lavorando con Pasolini – un vicino di casa dopo il trasloco a Roma – e Sergio Leone, lui che ha trovato la prima affermazione nella Francia della Nouvelle Vague con quel Prima della rivoluzione che anticipa il ’68 e che in Italia nessuno voleva vedere.

Fino a L’ultimo imperatore, Bertolucci è uomo legato alla sua terra, alla campagna emiliana, come quella che coltivava il nonno Bernardo ai Baccanelli, ad una Parma trasognata come nelle pagine di Stendhal e nelle poesie del padre Attilio. Parma che appare spesso nei suoi lavori, ne La Luna, ne La tragedia di un uomo ridicolo, in Strategia del ragno e naturalmente in Novecento, il suo capolavoro, film girati a Busseto, Roncole, Fidenza, Torrechiara, Fontanellato, Roccabianca.

Ma nel 1984, Bernardo legge due libri: l’autobiografia di Pu Yi, l’ultimo Celeste imperatore, e La condizione umana di André Malraux, ambientato nel 1927, anno in cui scoppia la guerra civile che oppose i cinesi nazionalisti a quelli comunisti. Nel 1982, per la prima volta la Cina aveva ammesso una troupe televisiva occidentale per girare la serie tv Marco Polo, del regista Giuliano Montaldo. Bertolucci decide di andare anche lui in Cina, per la trasposizione cinematografica di uno dei due libri che tanto lo hanno colpito. Le autorità di Pechino accettano, preferendo il primo; il regista si porta dietro 300 fra tecnici e attori e in sei mesi gira le due ore e mezza abbondanti de L’ultimo imperatore.

Nel film, Bernardo Bertolucci non abbandona la ricerca sulle risposte dell’uomo agli imprevisti della vita condotta lungo l’intera sua produzione, ma lo fa con un linguaggio nuovo, un’ampiezza che conquista anche Hollywood.

Nei due film successivi, il regista si manterrà sulla strada del fascino dell’oriente (Il tè nel deserto e Il piccolo Buddha), ma non ripete il successo del racconto dell’imperatore che mette fine all’impero plurimillenario. Per poi rientrare in sceneggiature più intime, ma senza più ritornare ai set della sua Parma di nascita.

Mark Peploe, Jeremy Thomas e Bernardo Bertolucci alla cerimonia di consegna degli Oscar l’11 aprile 1911

——————————

Succede l’11 di aprile:

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.