11.3.1860. Le donne tradite dal re
11 marzo 1860 – Parma, assieme alle altre città emiliane, vota il plebiscito per l’adesione al Regno di Sardegna, espressione ufficiale dopo altre due consultazioni ufficiose, tutte favorevoli alla casa Savoia.
Non tutti sanno che assieme alle schede raccolte nelle urne – 88.511 a favore dell’annessione, 181 contrarie, su 107.435 persone aventi diritto di voto –, sono raccolte anche liste di firme in supporto all’annessione. Le offre chi vuole appoggiare il progetto dell’Italia unita, ma non ha la possibilità di recarsi ai seggi. Il plebiscito, infatti, è riservato ai maschi adulti con un minimo di reddito.
Di chi sono dunque quelle firme? Soprattutto di donne, che non hanno il diritto di voto ma se lo prendono da sole. Che se non possono entrare nei seggi, organizzano petizioni e poi spediscono le sottoscrizioni ai commissari governativi, perché siano poi girate direttamente al primo ministro Cavour.
In particolare, si conservano le espressioni favorevoli all’annessione di Parma al Piemonte di 49 donne di Parma, 50 di Gainago, 86 di Lesignano e Santa Maria del Taro, di 136 di Salsomaggiore e di ben 570 di Roccabianca. Oltre a queste, giungono a Torino anche 180 firme di minorenni sempre di Roccabianca e 40 di Colorno.
Immaginiamo che Vittorio Emanuele II, che un anno più tardi, il 17 marzo 1861, si proclamerà re d’Italia, abbia assai apprezzato il gesto delle sue nuove suddite. Nonostante questo, nessuna donna voterà più in Italia fino al 1946, cioè solo dopo un’altra espressione plebiscitaria, quella del referendum che ha scacciato i re Savoia.