10.12.1930. La strage di Tabiano
10 dicembre 1930 – Un grave delitto destinato a scuotere la società locale è commesso a Tabiano: un’intera famiglia è uccisa a fucilate.
All’ora di cena, i Moroni di Case Spiacci di Tabiano sono riuniti attorno alla tavola per mangiare la solita polenta. Ci sono i due vecchi, Luigi Moroni e Giuditta Rastelli, col loro figlio Oreste Moroni e la moglie Erminia Vascelli e il piccolo Antonio, di un anno.
La tranquilla routine è improvvisamente interrotta dall’infrangersi del vetro della finestra. Un fucile spara e spara. I nonni sono colpiti in pieno e si accasciano sul pavimento. Ecco che tutto si fa buio: gli spari hanno spezzato il tubo della lucerna sul tavolo. Il papà si rifugia sotto la scala e poi muovendosi a tentoni prima spranga la porta, poi sale di sopra. Anche la giovane mamma, preso in braccio il figlioletto, cerca di scappare sulla scala, ma un colpo prende anche loro. È viva e sente i colpi del calcio del fucile picchiato tentare sulla porta dall’esterno nel tentativo di forzarla. Il papà si butta da una finestra del primo piano e poi corre nei campi a chiamare aiuto dai vicini – le prime case stanno a mezzo chilometro –. Quando arrivano sparando a loro volta, nella casa trovano solo i Moroni. Luigi e Giuditta sono morti. Antonio morirà poche ore dopo in ospedale a Fidenza. Erminia si salva, è solo ferita al braccio.
Chi ha compiuto la strage? E perché? Le indagini sono seguite giorno per giorno dall’opinione pubblica del parmense. Presto i carabinieri concentrano i sospetti su Quirino Bellengi di Salsomaggiore, che il 18 dicembre si costituisce in Questura a Parma, protestandosi però innocente.
Il processo inizia con un anno di ritardo, il 24 febbraio 1932, di fronte ad una folla che seguirà tutte le udienze nei dieci giorni successivi. Anche le maggiori autorità cittadine presenziano al processo. Bellengi continua a negare di essere l’autore della strage e dà la colpa ad un presunto ingegnere venuto da fuori che lo aveva assunto per accompagnarlo a caccia. La sua storia sa troppo di fantasia. Viene condannato all’ergastolo.
Il movente sono i soldi. Bellengi aveva debiti per oltre 2.000 lire e Luigi Moroni gli aveva negato un prestito, anche se tutti sapevano che aveva tanti soldi. In un cassetto di quella cucina sono state ritrovate 6.500 lire in contanti, che la mano dietro il fucile non è riuscita a prendere.