Cronaca,  Età contemporanea

1.9.1944. L’eccidio di piazza Garibaldi

1 settembre 1944 – L’eccidio di piazza Garibaldi: nella notte, sette uomini vengono trascinati nella piazza della città. I loro corpi sono stravolti da giorni di detenzione e torture. Sono stati tratti dalle celle nella sede della Brigata Nera, in via Walter Branchi, oggi via Cavestro, locali requisiti all’Università.

Sono giorni di sangue per Parma. Il 30 agosto i nazifascisti fucilano tre persone in via Montanara e due in via Abbeveratoia. Il 31 agosto, la Resistenza reagisce assassinando due membri della stessa Brigata Nera, sorpresi in via Saffi. Ora sono i repubblichini a volersi vendicare.

Giuseppe Barbieri, 35 anni, avvocato, Afro Fanfoni, 39, commerciante, Vincenzo Ferrari, 40 cameriere, Gedeone Ferrarini, 39, che commercia in burro e formaggio, Ottavio Pattacini, 38, ferroviere, Eleuterio Massari 41, merciaio ambulante, e Bruno Vescovi, il più giovane, un ragazzo che non ha ancora compiuto 19 anni, vengono fucilati.

Prima che faccia giorno, le salme sono trasportate al cimitero della Villetta, con l’ordine che restino insepolte. La moglie di Massari, ignorando le minacce, carica il corpo del marito su un carretto e lo riporta a casa, in Oltretorrente.

Di tutti loro, scelti per la rappresaglia solo perché già incarcerati, la personalità più attiva è Barbieri, che è stato arrestato tre volte. Nel 1942 ha iniziato a stampare il giornale Il Piccione, rivolto ai giovani della media borghesia, dove denuncia i mali del fascismo. Il 25 luglio 1943, Barbieri esulta per la caduta del regime e subito è portato in penitenziario, ma molta gente si raduna all’ingresso e ne reclama con successo la liberazione. Dopo l’8 settembre, sale in montagna ad organizzare gruppi di partigiani. Arrestato di nuovo il 10 gennaio 1944, resta nel carcere di San Francesco fino al 13 maggio, quando una bomba alleata piove dal cielo sulle mura, apre una breccia, e gli permette di scappare con diversi compagni. Ma dura poco: il 15 luglio è di nuovo fermato e riconosciuto. Non troverà più la libertà.

Lo Stato impiegherà 50 anni per riconoscere il torto fatto a questi sette italiani. Solo il 9 maggio 1994 verranno assegnate ai sette martiri di piazza Garibaldi altrettante medaglie d’argento alla memoria. Per ognuno di loro, la motivazione segnalata nei reativi decreti del presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro è questa:

“Partigiano combattente in mano nemica, cadeva sotto la scatenata furia omicida di una selvaggia bestiale ferocia, vittima inerme di una sanguinosa rappresaglia. Straziato da inenarrabili tormenti, si spegneva in olocausto alla Resistenza”.

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