1.8.1922. I fascisti devastano il parmense (attorno alle barricate)
1 agosto 1922 – In Oltretorrente e nel quartiere della Trinità, la popolazione alza barricate per respingere l’aggressione fascista, una battaglia che dura sei giorni, costringendo l’esercito ad intervenire allontanando le camice nere guidate da Farinacci e Balbo.
L’evento è molto noto: Parma aderisce allo sciopero generale indetto in risposta alle devastazioni fatte dai fascisti in Romagna e per reazione in città arrivano le “squadracce”. La resistenza di Parma irrita il partito di Mussolini, che non vorrebbe cedere e concentra qui fra 10.000 e 20.000 uomini. Ma i quartieri più popolari, sotto il comando di Guido Picelli e di Antonio Cieri e la vigilanza armata di circa 300 arditi del popolo, spengono ogni velleità degli aggressori. Gli scontri più accesi e sanguinosi si combattono nei borghi di via Garibaldi, mentre in Oltretorrente nessun fascista riesce a metter piede.
Meno nota è la serie delle devastazioni fatte dai fascisti al di fuori delle aree difese dal popolo: non riuscendo ad arrivare ai luoghi simbolo della sinistra a Parma, cioè alle due Camere del lavoro, le camice nere se la prendono con una serie di obiettivi minori.
Un obiettivo esposto è il Circolo dei ferrovieri in piazzale Bottego. Quando le camice nere ne sfondano i vetri hanno però una grande sorpresa: tutti gli accessi sono stati murati dall’interno. Per estrema sicurezza, i ferrovieri hanno portato via anche il pianoforte ed il tavolo da biliardo. Gli uomini di Farinacci e Balbo si accaniscono allora sull’altro circolo dei ferrovieri, in via Affò.
Le camice nere devastano poi la redazione del giornale Il Piccolo, che li critica apertamente, bruciata due volte. Anche l’abitazione del direttore Tullio Masotti viene rovinata, col mobilio gettato in strada dalle finestre. Due volte è pure assaltata in borgo Giacomo Tommasini l’Unione del Lavoro fondata da Filippo Corridoni. Viene distrutto tutto ciò che sta nella sede del cattolico Partito Popolare.
I fascisti se la prendono anche coi cittadini che definiscono “sovvertivisti”. È assaltato lo studio dell’onorevole Guido Albertelli, dove viene rubata la macchina da scrivere. Il consigliere comunale Ghisolfi vede i mobili di casa trascinati in piazza e qui dati alle fiamme. Sono distrutti gli studi degli avvocati Grassi, Barachini e Gustavo Ghidini – a quest’ultimo vengono sottratte tutte le carte, aggiunte al rogo in piazza –, e del ragionier Argenzano.
Le rovinose azioni interessano molti centri della provincia. Sono assaltate sedi di cooperative e di partiti a Sala Baganza, San Pancrazio, Vicofertile, Tabiano, Ronco Campo Canneto, Sissa, Gramignazzo e Langhirano. A Fontanelle, le squadracce nere devastarono la casa di Giovanni Faraboli.
In più centri incontrano resistenza, anche se non certo efficace come quella della città. Ci sono così scontri a Noceto, San Secondo, Fornovo, Sissa e Tabiano. Anche se è Langhirano a difendersi più a lungo: qui i lavoratori della locale cooperativa riescono inizialmente a scacciare gli aggressori, attrezzando di fronte all’ingresso una barricata simile a quelle dell’Oltretorrente, ma i fascisti tornano in forze, circondano il paese intero e riescono a catturare i venti arditi del popolo asserragliati.
Da queste scorribande, le camicie nere riportano alcune bandiere rosse e maglie nere e rosse, che sono la divisa degli arditi del popolo.
I fascisti occupano anche diversi municipi, quelli governati da giunte di sinistra: Borgo San Donnino, Salsomaggiore, Sissa, San Lazzaro, Vigatto, Noceto e Langhirano. A Montechiarugolo viene data alle fiamme la casa del sindaco socialista Giuffredi, incendio che si allarga a diversi edifici adiacenti.
Quando Balbo lascerà Parma il 6 agosto, dando l’ordine di smobilitazione, dirà che le rappresaglie sono opera di “gruppi di sconsigliati, certo male informati”.