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1.6.1771. Paër, maestro che la storia sottovaluta

1 giugno 1771 – Nasce Ferdinando Paër.

Paër, autore dell’Agnese, buon uomo dalla faccia quadrata e che aveva una verruca sulla gota, dirigeva i piccoli concerti intimi della marchesa di Sassenaye in via Ville-l’Eveque”. Così Victor Hugo ne I miserabili ricorda Paër.

Paër chi è? Parma, la sua città, lo ricorda nel nome di un piazzale, lo slargo a destra del Teatro Regio. Ma mentre Verdi, Toscanini o altri nomi di giganti della musica figli di questa terra sono ben noti a tutti, pochi conoscono Paër. Paër: un nome rimasto schiacciato fra Mozart e Rossini, ingiustamente. Paër è stato uno dei più grandi musicisti del suo tempo, i decenni a cavallo fra Sette ed Ottocento, fra Epoca moderna ed Età contemporanea. Fra i maestri di Franz Liszt e di Paganini; mentore di Chopin e Rossini (che poi lo tradì); amico di Beethoven, che di una sua marcia funebre disse: “così bella che avrei dovuto comporla io”, e la prese ad ispirazione per il movimento lento dell’Eroica. Tanto amato e noto che quando Napoleone conquista la Germania, si prende Paër come preda di guerra, convincendolo a suon di franchi a diventare il suo compositore privato; non che di musica ne capisse, l’imperatore, ma avere vicino un grande maestro lo nobilitava.

Paër nasce a Parma in questo primo giugno 1771, figlio e nipote di musicisti. Suo nonno aveva lasciato la Serbia per Parma in cerca di un posto in una banda militare. Suo padre suonava il corno. Lui è un grande pianista, con bella voce da baritono, ma soprattutto un improvvisatore che con eccezionale rapidità sa mettere sul pentagramma le proprie invenzioni, componendo musica di qualità e in quantità. Nella carriera, ha lasciato almeno 43 opere teatrali, 150 ariette, 40 duettini e un musica sacra, notturni, sinfonie, danze, marce in gran numero.

Il genio è precoce: la sua prima opera va in scena a Parma al Ducale quando è ventunenne, ma la teneva pronta nel cassetto già da tre anni. Il duca Ferdinando lo nomina proprio maestro di cappella, ma non riesce a trattenerlo a lungo. Chiamato in diverse città per proporre musica sempre nuova, sempre più applaudito per il talento, approderà infine a Vienna nel 1799, come protetto dell’imperatrice Maria Teresa. Nel 1802 passa a Dresda a servizio dell’elettore Federico Augusto III. È qui che incontra Napoleone, nel 1806, venuto con un intero esercito: rimasto affascinato dal suo Achille, lo vuole per sé e lo trascina nelle campagne in Polonia e poi a Parigi. Proprio la capitale francese è la città dove l’abilità di Paër trova la sua consacrazione; vi resta fino alla morte, nel 1839, dopo aver ricoperto prestigiosi incarichi artistici, accolto diversi futuri grandi nomi della musica e aver messo in scena i suoi lavori.

L’opera di maggior successo nasce però di nuovo a Parma, quell’Agnese citata anche da Hugo. Nell’estate 1809, Paër decide di trascorrere una lunga vacanza nella sua città natale, dalla quale è stato a lungo lontano, anche per rivedere la madre. Il suo arrivo è festeggiato con numerose manifestazioni. Durante il soggiorno, accetta di comporre un’opera per inaugurare un piccolo teatro voluto dal conte Fabio Scotti per il giardino della sua villa, poi nota come Villa Ombrosa, accanto al ponte Dattaro (oggi al suo posto c’è il centro contabile della Banca Commerciale Italiana). In tre settimane lo spartito è pronto. Il maestro si riserva pure una parte cantata; anche se dovrà partire prima della prima, ha l’aria di divertirsi molto. Proprio questo lavoro, nel quale il nostro lascia libera espressione alle più ardite fantasie, sarà il più applaudito in tutta Europa. È un’opera semiseria, il genere nel quale Paër ha eccelso, una commedia cantata con protagonisti una ragazza pazza per amore e la relazione col suo povero padre.

Il finale non fa ridere. Della storia di Paër, non dell’Agnese. Arriva una nuova generazione di compositori. Rossini e Bellini prendono la scena, nomi che si affermano con tanta forza che riproporre le composizioni di Paër espone sempre più a rischi commerciali. E allora va tutto in oblio, riservato all’orecchio di pochi esperti, al coraggio di qualche organizzatore di festival di nicchia, al nome di una via cui non sempre è facile collegare una vita.

Ritratto del maestro Ferdinando Paër, disegno a carboncino su carta di François Gérard, 1820 ca., Museo Glauco Lombardi
Ritratto del maestro Ferdinando Paër,
disegno a carboncino su carta di François Gérard, 1820 ca., Museo Glauco Lombardi

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