Reliquiari parmensi
Epoca Moderna,  Medioevo,  Misteri

1.11.1791 . La tibia di Tommaso e le due teste di santa Sabina

1 novembre 1791 – Adeodato Turchi, vescovo di Parma, pronuncia una lunga omelia in difesa del culto delle reliquie, che nel Settecento in molti iniziano a mettere in discussione.

Giusto l’anno prima, da Tolosa è giunta a Colorno un tibia di san Tommaso d’Aquino, mandata dal priore del convento in cui si conservava per salvarla dalla furia della Rivoluzione francese.

Per secoli e secoli, i cristiani hanno cercato oggetti per dare una forma concreta, visibile, toccabile alla loro fede, trovandola nei resti dei santi e in manufatti legati a Cristo. La razionale Età Moderna mette in dubbio la veridicità di molti di questi oggetti.

Monsignor Turchi sa che “il venerar le Reliquie e tante altre pratiche di esterno culto non sono la Religione essenziale”, ma teme che senza di queste ci si avvierebbe “a rimirare con occhio d’indifferenza tutti gli esterni atti di culto, e poco dopo ci si trova che non crede più in Dio”.

Certo è difficile credere che tutti i frammenti di ossa, di stoffa, di legno,… inseriti nelle teche degli altari siano davvero quello che si dice siano.

La tibia di Tommaso d’Aquino è stata posta nella chiesa di San Liborio accanto ad un altro osso dello stesso santo, un radio o un’ulna, e c’è anche una scheggia della testa di san Domenico e niente meno che una spina dell’ingiuriosa corona messa in capo a Cristo prima della crocefissione.

La collezione di reliquie più ricca di Parma, a fine Settecento, la vanta la chiesa francescana dell’Annunciata. Qui i frati affermano ci sia un ritaglio dell’abito di Gesù, la spugna con cui un soldato provò a dargli da bere acqua ed aceto quando era sulla croce ed un pezzo della croce stessa. Una cintura di Maria ed un suo velo macchiato col sangue di Cristo. Il mantello di Giuseppe marito di Maria. Un osso almeno di ciascuno degli apostoli, degli evangelisti, dei genitori di Maria e del profeta Zaccaria. Una ciocca di capelli di Maria Maddalena, contenuto all’interno di un ciondolo in cristallo ed oro, che a suo tempo il duca Francesco Farnese teneva sempre al collo. E parti del corpo ed oggetti appartenuti ad una lunghissima serie di santi.

Parma risulta sede di ben due teschi di santa Sabina, una presso la chiesa di San Bartolomeo, dove l’ha portato la regina longobarda Cunegonda nell’837 assieme al corpo di papa Alessandro I, e l’altra in San Francesco, chiesa dei frati, dove erano anche le ossa del profeta Eliseo, recuperate da Salimbene de Adam.

Moltissime anche le reliquie conservate in cattedrale. Le più sorprendenti sono i pretesi resti dei corpi di quattro bambini di Nazareth morti nella strage degli innocenti ordinata dal re Erode subito dopo la nascita di Gesù, tenuti sotto il confessionale presso l’altare di sant’Agnese. In sagrestia è poi un braccio di santo Stefano, il primo martire.

La lista potrebbe allungarsi di molto, perché ogni chiesa possiede reliquie e i conventi ancor di più. Sono centinaia di pezzi, alcuni clamorosi. Ciascuno di loro porta con sé più storie: il racconto dei personaggi cui le reliquie sono legate, le leggende sui viaggi che le hanno portate a Parma e le storie dei fedeli che hanno pregato su di esse. Per quanto alcune di queste vicende sappiano molto di fantasia, questi piccoli oggetti sono stati in grado di suscitare speranze e coraggio in molta gente.

Il discorso di Adeodato Turchi, oggi pare ai più superato, anche fra i cristiani. Il culto delle reliquie è andato scemando, di pari passo con la memoria delle loro storie. O forse le reliquie cristiane sono solo state sostituite, con i reperti nei musei e le magliette dei cantanti e dei calciatori.

Reliquiari parmensi
Reliquiari presenti nel parmense in varie chiese,
con reliquie attribuite a (da sinistra): sant’Ilario, san Giovanni Bosco (sopra), san Guido Maria Conforti; san Giacinto martire, reliquiario vuoto, santa Severa martire, san Clemente martire, santi Secondino e Marziale martire (sopra), santa Felicita martire, sant’Agata martire.

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